I suoi colleghi sono «inorriditi». Gli altri giornalisti stranieri che lavorano in Cina, circa settecento, sconvolti e preoccupati per il caso di Melissa Chan: la giovane e rampante corrispondente di Al Jazeera, di fatto espulsa da Pechino. Tanto che l'emittente del Qatar ha deciso di chiudere temporaneamente la copertura in inglese nel Paese (rimangono attivi soltanto i programmi in lingua araba). Il problema è che a Chan non è stato rinnovato il visto, che per i reporter deve essere riautorizzato ogni anno: in pratica, Pechino l'ha sbattuta fuori. Ed è la prima volta che accade da 13 anni, dall'espulsione di un corrispondente tedesco e un giapponese.
Soprattutto dal 2007, in vista delle Olimpiadi, la Cina aveva interpretato in modo più «liberale» la legge che regola il lavoro dei corrispondenti stranieri nel paese; ma poi, dopo le rivoluzioni della primavera araba, per timore che lo spirito di emulazione prendesse piede, è di nuovo tornata a una interpretazione più restrittiva. E la prima vittima è stata Melissa Chan: in Cina dal 2007, attivissima e seguitissima (ha 14mila follower su twitter), è stata soprattutto fra gli autori di un documentario che - secondo il Foreign Correspondent Club of China - avrebbe disturbato parecchio Pechino. Ed ecco il risultato. Oltretutto, Chan sarebbe stata accusata «di aver violato alcune regole, senza specificare quali».
Il portavoce del ministero degli Esteri si è limitato a evitare di rispondere alle domande dirette sul destino della giornalista, spiegando che il suo Paese «dà il benvenuto ai giornalisti stranieri che riportano obiettivamente». Ovvio che i suddetti giornalisti debbano «seguire le leggi cinesi» del caso. Insomma, nessuna risposta, nessuna giustificazione, nessuna spiegazione.
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