Ginevra
Ha il potere di chiudere le compagnie aeree:«L’ultima è stata Air
Zimbawe, non corrispondeva più ai criteri di sicurezza. La settimana
scorsa è stato il caso di Air Mozambico: non era più in grado di pagare
le compensazioni alle altre compagnie ». Sono i due motivi per i quali
si può essere espulsi dalla Iata, e chi decide è il direttore generale
di questa, Giovanni Bisignani, che in 10 anni di permanenza in questo
ruolo ha dato all’associazione un’autorevolezza che mai aveva avuto
nei suoi sessant’anni divita. «La telefonata che faccio al ministro dei
Trasporti e all’amministratore delegato della compagnia è dolorosa: so
che due ore dopo vanno a staccare la luce». Due mesi fa ha
«giustiziato» anche Mexicana: «Un pezzo di storia, era stata un
fondatore della Iata ». La decisione per la brasiliana-Varig fu presa
durante i mondiali di Berlino, durante la partita del Brasile: «Molti tifosi si trovarono in difficoltà per tornare a casa».
Giovanni Bisignani, 65 anni, è approdato alla Iata dopo aver guidato
l’Alitalia e aver fondato il sito Opodo (biglietti online) per conto di
Air France, British Airways e Lufthansa. Tra due settimane all’assemblea
annuale, di fronte ai primi 230 vettori di tutti il mondo, passerà il
testimone a Tony Tyler, ad di Cathay Pacific. Una successione nella
continuità,ma sicuramente un voltarpagina visto che Bisignani la Iata
l’ha un po’ inventata lui. «L’ho trovata che
era un club di 30 grandi, oggi rappresenta tutti, grandi e piccoli, ed
è il maggiore consulente per le grandi trasformazioni del trasporto
aereo». Che si dovesse cambiare lo capì subito: «Trovai 1.800
dipendenti. Oggi ce ne sono 1.500, di cui 1.400 nuovi: il 60% l’ho
sostituito il primo anno. La vecchia struttura non era adatta alle
trasformazioni».
Lei è arrivato al vertice della Iata pochi mesi dopo l’11 settembre 2001.
«Il settore agonizzava. Quell’anno perse 22 miliardi di ricavi. Ma fu
anche una fortuna, perché mi diedero carta bianca e potei agire senza
vincoli».
E che cosa fece?
«Copiai dalle low cost e abolii i biglietti di carta. Farlo non è come
dirlo: si dovette intervenire su 60 legislazioni nazionali, ultima la
Russia, perché il biglietto aveva prerogative statali. Sparirono 800
milioni di biglietti all’anno, il ticket elettronico e i suoi accessori
hanno portato 20 miliardi di risparmi».
Lei tratta direttamente con governi e capi di Stato
«In precedenza ebbi la fortuna di occuparmi delle relazioni
internazionali dell’Eni e dell’Iri con Pietro Sette e Romano Prodi. Lì i
rapporti erano al massimo livello, e quando passai alla Iata li
mantenni: i miei predecessori interloquivano con i direttori generali
dei ministeri, io con i ministri».
La sua esperienza più entusiasmante, in questi anni?
«La trasformazione del trasporto aereo in Cina. Nel 2002 Pechino
incaricò la Iata di rinnovare il settore, e siamo riusciti a fare una
cosa incredibile: razionalizzare il sistema portando da 39 a 9 il
numero delle compagnie, addestrare 15mila controllori di volo, aprire
20 nuove rotte. Solo questo portò 6-7 miliardi di risparmio di
carburante».
E la più delicata?
«La
Iata è il più grande cliente bancario del mondo perchè smista tutti gli
incassi delle compagnie. Dopo il crollo di Lehman Brothers avevamo 6
miliardi solo a Citibank: dovevo decidere cosa fare, se li avessi
tolti sarebbe fallita. Li lasciai e fu bene così».
La Cina è in forte espansione anche nel trasporto aereo.
«Oggi
la prima compagnia al mondo per capitalizzazione è Air China.
Nell’ultimo anno hanno aperto 20 aeroporti nuovi, quando in Europa
negli ultimi dieci anni ne sono stati aperti due.
Per i prossimi cinque anni-Pechino ha stanziato 230 miliardi di dollari di investimenti
per il trasporto aereo. Sono numeri che parlano da soli».
Tutto questo le mancherà. Che cosa farà dopo il 7 giugno?
«Insegnerò
in due università, a Londra e a Singapore, e continuerò a occuparmi,
come consigliere della Safram, dei sistemi di sicurezza degli
aeroporti, un progetto di semplificazione che ho già avviato alla Iata.
Oggi viaggio in media 90 ore al mese: potrò riposarmi».
Dove vivrà?
«A Londra. E mia moglie ne è felice ».
E l’Italia?
«Continuerò a venirci in vacanza. Ma lavorarci è sempre più difficile».
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