"Il cinema più che politico deve essere empatico"

Il regista Leone d'oro Jim Jarmusch: "Non voglio aiuti dal governo israeliano per il film. E amo chi è contro Netanyahu"

"Il cinema più che politico deve essere empatico"
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"Oh shit!". È stata questa la prima esclamazione che Jim Jarmusch, con il Leone d'Oro in mano, la sua tipica capigliatura bianca contrappuntata dagli occhiali da sole neri e la spilletta al bavero con su scritto "Enough" (perché sul conflitto israelo-palestinese "quando è troppo, è troppo"), ha pronunciato durante la cerimonia di premiazione della 85a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia in diretta su Rai3, e che l'interprete ha tradotto con "Oh cavolo!" (letteralmente "Oh merda!"). Ha poi proseguito, interpretando in maniera autoironica i sentimenti del pubblico della Mostra che si aspettava il massimo premio per il favorito della vigilia The Voice of Hind Rajab, dicendo: "Questo è sicuramente un premio che non mi aspettavo ma è davvero un onore perché la Mostra celebra la diversità del cinema".

Il settantaduenne regista e sceneggiatore statunitense di film come Stranger Than Paradise e Daunbailò con Roberto Benigni ("Lo sento una volta al mese, di domenica, perché mi piace il suo modo di pensare, lo chiamo ancora Robertino") ha vinto il Leone d'Oro con Father Mother Sister Brother, tre episodi minimalisti con attori come Tom Waits, Adam Driver, Charlotte Rampling e Cate Blanchett. A Venezia "una città così misteriosa, luogo di nascita di Vivaldi di Casanova ma anche di Terence Hill", ha incontrato varie volte i giornalisti per raccontare meglio la sua pellicola "silenziosa, quasi un anti-action film".

Com'è nato il film?

"Non so da dove sia venuta l'idea, spesso me la porto dietro per molti anni e poi, come stavolta, scrivo il film in poche settimane. Ho sempre adorato il formato con i diversi capitoli ampiamente usato anche in letteratura. È un film costruito in maniera molto attenta dove le piccole azioni, trattenute, parlano a volte più forte di qualsiasi esplosione. E poi scrivo sopratutto per gli attori che ho già in mente prima".

Perché ha scelto di ambientare i tre episodi nel New Jersey, a Dublino e a Parigi?

"Le città per me sono sempre importanti. Il New Jersey in realtà è una questione sindacale perché avevo bisogno di una location entro 30 miglia da New York altrimenti non avrei avuto dei finanziamenti. Qui siamo a 29,5 miglia... Dublino è molto accogliente, la protagonista è una scrittrice e lì la sua categoria è molto ben accolta perché non pagano le tasse. Parigi è la mia seconda città che amo molto".

Sul palco ha fatto un discorso su politica e empatia.

"L'arte non deve necessariamente parlare di politica per essere politica ma può basarsi sull'empatia, sulle nostre connessioni, che sarebbero il primo modo per risolvere i problemi che abbiamo davanti".

Ha poi citato Kurosawa.

"Quando qualche anno fa gli è stato consegnato l'Oscar alla carriera, era abbastanza anziano e disse che aveva timore che ancora non avesse capito come fare film. Io devo dire che mi trovo in una condizione simile alla sua, così ogni esperienza mi aiuta a imparare qualcosa".

Il suo film in Italia sarà distribuito da Lucky Red ma nel mondo da Mubi contestata dai sostenitori della causa palestinese perché finanziata da un fondo che investe nell'intelligence militare israeliana.

"Ho un ottimo rapporto con Mubi iniziato molto prima di quello che succede a Gaza. Sono però piuttosto deluso e sconcertato da questo rapporto anche se bisognerebbe chiedere a loro perché non sono il loro portavoce e non credo nemmeno che gli artisti debbano risponderne di queste cose".

E se venisse distribuito in Israele?

"La popolazione di Israele è meravigliosa, amo le persone che non sono a favore di Netanyahu. Non mi piace il totalitarismo perché il primo passo è dividerci ed è così che ci prendono in giro. Però se c'è denaro da parte del governo israeliano allora non voglio che venga mostrato lì".

La questione dei finanziamenti è complessa.

"Dirò di più, io sono un autore indipendente e, per fare i miei film, per dire ciò che voglio e avere il controllo completo sulla mia opera, attingo a fonti diverse. Ma se si andasse ad analizzare in profondità credo che tutti i soldi che vengono dalle società di capitali siano un po' sporchi. Seguendo questo discorso allora non dovrei mostrare il mio film neppure in America che fa soldi vendendo armi".

Progetti futuri?

"Una storia d'amore divertente e tenera tra due donne, lo girerò l'anno prossimo".

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