Cinema svizzero, quello sconosciuto

Fra le cinematografie ignorate c’è quella svizzera, perché gli italiani non sanno che sono svizzeri William Wyler, Michel Simon, Jean-luc Godard, Ursula Andress, Marthe Keller, Irène Jacob e Silvio Soldini, oltre che Michel Soutter e Claude Goretta, più Markus Imhoof di Das Boot ist voll («La barca è piena»), noto più in funzione del soggetto che della qualità. Fra le cinematografie svizzere, quella di lingua francese ha avuto momenti di relativa notorietà in Italia: si ricordi il sopravvalutato, stucchevole Jonas che avrà vent'anni nel 2000 di Alain Tanner (in originale era Jonas qui aura 25 ans en l'an 2000; in Italia il film arrivò solo nel 1980 e si corresse l’età).
Così, per sopperire minimamente alla lacuna, nella sala del Centro culturale francese di Milano (corso Magenta 63), in sodalizio col Centro culturale svizzero (02/76.01.61.18) si proiettano due film svizzeri: oggi (ore 15,30) Mon frère se marie («Mio fratello si sposa») di Jean-Stéphane Bron (2006), con Aurore Clément e Jean-Luc Bideau; giovedì (ore 20, Henri Dunant: du rouge sur la croix di Dominique Othenin-Girard (2006), con Thomas Jouannet e Emilie Dequenne (la copia è sottotitolata in italiano).
L’ideologia di questi film è comunque quella tipica dei film da festival. Mescolando commedia e dramma, Mon frère se marie propone un viaggio dalla Svizzera al Vietnam, perché dalla Svizzera all’Austria non sarebbe stato esotico; il film è stato premiato come miglior film europeo al festivalino spagnolo di Vitoria-Gasteiz e come miglior film svizzero al festivalino di Soletta.


Il film su Dunant, fondatore della Croce rossa dopo aver scoperto la guerra sul campo di battaglia di Solferino fra francesi e austriaci, è apparentemente più interessante, se non altro perché evoca una figura storica reale e una battaglia decisiva perché l’Italia si unisse. La prospettiva implicita del film è però quella che sarebbe stato meglio se la battaglia non ci fosse stata.

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