Cinema

Il colore della libertà, il figlio del Ku Klux Klan che divenne il primo attivista bianco per i diritti civili

Il colore della libertà è il film che racconta la vera storia di Bob Zellner: figlio e nipote di due membri del Ku Klux Klan, egli divenne il primo attivista bianco per il movimento dei diritti civili

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Il colore della libertà è il film diretto da Barry Alexander Brown nel 2020 che va in onda questa sera alle 21.20 su Rai 3. Si tratta di una pellicola che punta a portare sul grande schermo una storia vera ed è infatti tratto dall'autobiografia di Bob Zellner che si intitola The wrong side of Murder Creek.

Il colore della libertà, la trama

Nella torrida estate del 1961 dell'Alabama, il giovane Bob Zellner (Lucas Till) è alla ricerca di materiale da poter utilizzare nella sua tesi, incentrata sulle relazioni interraziali. Frequentatore di un college destinato a soli studenti bianchi e figlio di un ministro metodista, Bob si trova di punto in bianco nel mezzo delle celebrazioni per l'anniversario dal boicottamento dei bus di Montgomery, da quando cioè Rosa Parks si è rifiutata di cedere un posto a un passeggero bianco. Per Bob quell'incontro sarà il primo di una serie di "scoperte" che lo farà entrare, nel sospetto degli afroamericani e nel nel disgusto dei suoi amici bianchi, nel movimento per i diritti civili. Nipote di un membro del Ku Klux Klan, Bob si troverà presto a dover difendere la sua decisione di combattere da incendi, aggressioni e persino tentativi di impiccaggione da parte di quelli che considerava suoi amici e che ora, invece, sono una minaccia da non sottovalutare, perché potrebbe costargli la vita.

La vera storia dietro il film

Il colore della libertà è uno di quei film che punta a portare sul grande schermo storie che magari non sono così conosciute fuori dai confini nazionali e che meriterebbero di essere conosciute a livello universale. Sono le storie di persone comuni che realizzano qualcosa di eroico, esseri umani come tanti che invece di rimanere a guardare prendono in mano la situazione e cercano, nel loro piccolo e con le loro possibilità, di cambiare il mondo. Anche se solo un pezzetto per volta. La storia di Bob Zellner rientra proprio in questa categoria di narrazioni. Classe 1939 e registrato all'anagrafe come John Robert Zellner, Bob Zellner è passato alla storia per essere stato il primo uomo bianco a unirsi al Comitato Studentesco per la Coordinazione Non Violenta (SNCC) e alle lotte per i diritti civili. Secondo il sito ufficiale del comitato, per la sua decisione di entrare nel movimento per i diritti degli afroamericani, Bob Zellner ha dovuto affrontare numerose sfide, a partire dagli epiteti tutt'altro che lusinghieri che gli venivano rivolti, che puntavano alla sua fede politica ma anche alla sua sessualità. Il punto principale della storia di Bob Zellner è il fatto che non si trattava di un semplice "bianco". L'Alabama,negli anni '60, era ancora profondamente radicato nelle sue idee razziste di segregazione: un bianco che "passava dalla parte" degli afroamericani era un evento più unico che raro, perché equiparabile all'atto di una persona di voltare le spalle a tutta una serie di credo e convinzioni culturali che molti pensavano essere radicati nella mentalità delle persone del luogo.

Soprattutto, però, Bob Zellner non era solo un uomo bianco dell'Alabama: tanto suo padre, quanto suo nonno erano membri attivi del Ku Klux Klan. In particolar modo il nonno J.O. Zellner ricopriva un ruolo di potere all'interno della violenta organizzazione. Questo, per il protagonista di Il colore della libertà, significava sia essere diviso tra la sua coscienza e la sua famiglia, ma anche l'essere costretto a guardarsi le spalle da persone che avrebbero dovuto essere dalla sua parte. Chuck McDrew, all'epoca a capo del SNCC, ha ricordato nella sua autobiografia riportata da Forward, che cosa lo aveva colpito in Zellner quando lo aveva incontrato nel 1961, dicendo: "Zellner era perfetto. Se avessimo voluto crearlo, non avremmo potuto fare di meglio. Mi piaceva perché era il perfetto ragazzo bianco di buona famiglia, un ragazzo astemio di campagna, con l'accento e il background del vero Sud rurale. Non era stato toccato dal mondo civilizzato." Come si legge sul sito dell'Hood College, Zellner partecipò alla Marcia per la Libertà, lavorò con Martin Luther King e pagò le conseguenze di ogni sua decisione: arrestato circa venticinque volte, colpito ripetutamente da uomini bianchi spesso pronti anche al linciaggio, "tradito" dagli amici che non si sono fatti scrupoli a provare ad ucciderlo. Ma ogni volta Bob Zellner è tornato in piedi, a dimostrazione di quanto radicata fosse la sua convinzione che c'era bisogno di un cambiamento, che gli uomini bianchi dovevano mettere via la loro convinzione da suprematisti e che la polizia doveva smetterla di usare due pesi e due misure.

Vivo ancora oggi, Bob Zellner è rientrato nella lista delle leggende viventi del Time del 2017.

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