
Un colpo al cerchio e uno alla botte. Forse è una semplificazione un po’ brutale ma il verdetto della giuria della 85a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia sembra raccontare una battaglia al suo interno che ha portato, a sorpresa, a far conquistare il Leone d’Oro a Father Mother Sister Brother di Jim Jarmush, non certo il suo miglior film, a scapito del favorito della vigilia che aveva commosso tutta la Mostra, The Voice of Hind Rajab, inserito con coraggio in concorso dal direttore Alberto Barbera e prossimamente al cinema con IWonder. E le cronache quotidiane dei massacri in Medio Oriente diventano oggetto di scontro politico anche a Venezia per via del distributore internazionale Mubi (in Italia invece sarà Lucky Red) del film di Jarmush, una società boicottata da parte dei sostenitori della causa palestinese perché finanziata dal fondo Sequoia Capital che appoggia la startup israeliana Kela specializzata in sistemi informatici legati all’intelligence militare.
Mentre The Voice of Hind Rajab, della regista tunisina Kaouther Ben Hania, racconta l’assassinio, da parte dell’esercito israeliano, di una bambina di sei anni e dei suoi parenti in fuga in auto da Gaza.
In Sala Grande è partita la standing ovation quando è salita sul palco la regista Kaouther Ben Hania che denunciato «come la storia di questa bambina sia quella di un intero popolo che sta subendo un genocidio inflitto dall’esercito israeliano».
Ma forse la giuria, non attribuendogli il premio massimo, ha voluto rendere meno politico un verdetto guidato dal suo presidente, il regista Alexander Payne che, non a caso, è statunitense come Benny Safdie, che ha vinto per la migliore regia con The Smashing Machine, e come Jarmush che ha ricordato come «l’arte non debba essere politica per parlare di politica». Peccato che poi con i giornalisti abbia detto: «Se c’è denaro da parte del governo israeliano allora il mio film non verrà distribuito in Israele.
Non voglio sostegno dal governo israeliano». Quindi una condizione ben precisa.
La serata di premiazione condotta con la consueta ironia da Emanuela Fanelli con una tranche andata in diretta su RaiPlay e un’altra su Rai3 – in mezzo un inedito intervallo in sala – e curiosamente priva di presenze istituzionali a parte il presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco che ha accolto un intervento di pace da Gerusalemme del Cardinale Pizzaballa («La guerra a Gaza deve finire»), ha visto sul palco avvicendarsi diversi artisti che hanno ricordato chi i morti in Palestina, chi in Ucraina, con l’esibizione live di Nino D’Angelo, alla Mostra con il documentario Nino. 18 giorni diretto dal figlio Toni, con Odio e lacreme, una canzone contro la guerra perché, ha ricordato, «ancora oggi si uccidono le creature!».
Continuando con il palmarès, chissà se grazie anche alla nostra giurata Maura Delpero, l’Italia ha portato a casa due premi con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Toni Servillo per La Grazia di Paolo Sorrentino – l’attore ha detto di essere accanto a chi sta partendo «in mare con coraggio per raggiungere la Palestina per portare un segno di umanità» – e il Premio Speciale della Giuria al documentario Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi.
Proseguendo su questa lettura – ricordiamo il motto andreottiano «a pensar male si fa peccato, ma spesso si ci azzecca» – il giurato francese, il regista Stéphane Brizé, potrebbe aver spinto sul Premio per la migliore sceneggiatura a Gilles Marchand e a Valérie Donzelli regista di À pied d’ouvre che uscirà con Teodora. Stesso discorso per l’attrice cinese Zhao Tao che ha premiato la sua straordinaria collega Xin Zhilei in uno degli ultimi film passati alla Mostra, The Sun Rises On Us All di Cai Shangjun distribuito da Wanted Cinema. Liberi da campanilismi, i giurati rimanenti, il regista rumeno Cristian Mungiu, quello iraniano Mohammad Rasoulof e l’attrice brasiliana Fernanda Torres, avranno contribuito anche al Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore emergente andato a Luna Wedler che illumina la prima parte di Silent Friend di Ildikó Enyedi.
Da segnalare nell’altro concorso, quella della sezione Orizzonti, due importanti riconoscimenti ai film italiani, il premio alla migliore attrice a Benedetta Porcaroli per Il rapimento di Arabella di Carolina Cavalli e quello per il migliore attore a Giacomo Covi per Un anno di scuola di Laura Samani.