
Amava definirsi un “inviato di guerra indipendente”. E il mondo gli stava stretto. Sono trascorsi trentotto anni dalla morte di Almerigo Grilz, colpito da una pallottola alla nuca in Mozambico, teatro della guerra civile tra FRELIMO e RENAMO. Dopo il documentario “Missione Mozambico 2025” di Davide Arcuri - dedicato al viaggio che Fausto Biloslavo e Gian Micalessin hanno fatto in Mozambico per apporre una targa commemorativa sull’albero sotto cui riposa il giornalista - la storia del coraggioso reporter viene ripercorsa nel film “Albatross” di Giulio Base, in sala dal 3 luglio distribuito da Eagle Pictures.

L’opera ripercorre gli anni giovanili di militanza politica e la fondazione dell’agenzia stampa “Albatross” insieme agli amici Gian Micalessin e Fausto Biloslavo. Armato della sua grande passione di conoscere il mondo e raccontarlo, convinto della necessità di documentare i conflitti ignorati, Grilz – interpretato da Francesco Centorame – è sempre in giro con la sua telecamera, in Medio Oriente, Asia e Africa, dove trova la morte a soli 34 anni. Nel cast Michele Favaro, Linda Pani, Tommaso Santini, Luca Predonzani, Paolo Massaria, Giovanni Vit, con Gianna Paola Scaffiddi e con la partecipazione di Giancarlo Giannini.
“Ci sono storie che non gridano, eppure lasciano un’eco. ‘Albatross’ è una di queste” il racconto di Giulio Base: “Ho incontrato la vicenda di Almerigo Grilz sei anni fa: un giornalista inviato di guerra caduto durante un reportage. Da subito ho sentito che raccontarla avrebbe significato addentrarsi in una materia complessa, stratificata. Ma è stata proprio quella complessità ad attrarmi”. “’Albatross’ non vuole essere né un ritratto celebrativo né un atto d’accusa” ha evidenziato il regista de “Il banchiere anarchico”: “È un tentativo di avvicinarsi alla vita di un giovane uomo attraversando i contrasti della sua epoca. Ho approcciato quegli avvenimenti senza tesi precostituite, lasciando spazio al dubbio”.
Una carriera fatta di coraggio e dedizione quella di Almerigo Grilz, “Ruga” per gli amici, il primo giornalista italiano a cadere su un campo di battaglia dopo la Seconda guerra mondiale. La sua eredità nel mondo del giornalismo è indelebile: dai servizi sulla guerra afghana a quelli sul conflitto tra la guerriglia cambogiana e le truppe governative appoggiate dal Vietnam, passando per i reportage sul regime sciita di Teheran e sui ribelli comunisti delle Filippine durante le elezioni che portarono alla caduta del dittatore Ferdinand Marcos. Nella primavera del 1986 fu il primo giornalista a realizzare un reportage al seguito dei guerriglieri della RENAMO (Resistência Nacional Moçambicana) in Mozambico. Sempre lì, a Caia, morì tragicamente.
Ostinato ricercatore della verità, Almerigo Grilz continua a rappresentare un punto di riferimento per i giornalisti di tutto il mondo perché la sua vita e il suo lavoro ricordano l’importanza di raccontare le storie che rischierebbero di rimanere inascoltate. La storia di Almerigo Grilz è una storia importante", ricorda il cardinale Matteo Zuppi, che con la comunità di S. Egidio ha lavorato alle trattative di pace in Mozambico: “Un uomo coraggioso che faceva conoscere quello che era nascosto, quello che non esisteva perchè non c'erano immagini. Dobbiamo a lui la conoscenza della realtà, il coraggio di rischiare la vita".
Il presidente della Cei ha aggiunto: "Ha creduto nell'informazione, nell'essere presente sul terreno. Lui è il pezzo di una storia drammatica ma anche importante, quella di un processo di pace che ha avuto una felice conclusione".