Cinema

Ecco perché "Everything Everywhere All At Once" non merita l'Oscar

Everything Everywhere All At Once è il film che, con molta probabilità, vincerà il Premio Oscar come Miglior Film. Ma si tratterebbe di una vittoria meritata?

Premi Oscar 2023: perché "Everything Everywhere All At Once" è il film più sopravvalutato
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Uno dei problemi principali che è costretto ad affrontare qualsiasi spettatore che si siede in sala a vedere un film molto "chiacchierato" è l'aspettativa. Il cinema è un tipo di arte che prevede una certa idea di collettività e condivisione, sentimenti che aumentano in concomitanza con i Premi Oscar, che diventano un vero e proprio evento imperdibile. Questo fa sì che quando esce un film molto discusso come Everything Everywhere All At Once anche spettatori che non sono particolarmente avulsi alla settima arte corrono in sala per poter vedere coi propri occhi. Il problema è proprio che quando ci si aspetta molto da un film, il rischio di rimanere delusi è altissimo.

Nato come outsider - e passato molto in sordina al suo primo passaggio in sala su suolo italico - Everything Everywhere All At Once è ora il film che viaggia diretto verso la vittoria ai prossimi Premi Oscar nella categoria Miglior Film, anche dopo la vittoria ai PGA, i premi dati dal sindacato dei produttori di Hollywood che di solito sono un chiaro indicatore di quello che succederà la notte degli Oscar. Ma a cosa è dovuto questo successo? E, soprattutto, il film diretto da Daniel Kwan and Daniel Scheinert (conosciuti con il nome collettivo di Daniels) merita davvero il successo che sta ottenendo?

Di cosa parla Everything Everywhere All At Once?

Il film diretto dai Daniels è una pellicola che indaga il mondo del multiverso, che è sempre più un terreno fertile per storie e avventure, soprattutto dopo lo sdoganamento avvenuto grazie al Marvel Cinematic Universe. La storia riguarda un'immigrata cinese (Michelle Yeoh), da anni sposata con Waymond (Ke Huy Quan) a cui la vita non sembra sorridere. Alle prese con una figlia ribelle e con la quale non riesce a creare una connessione (Stephanie Hsu), la protagonista si troverà suo malgrado a viaggiare attraverso il multiverso, conoscendo le infinite possibilità che si nascondono dietro le scelte e avrà il compito di salvare il mondo.

Premi Oscar, il film dei Daniels merita davvero la vittoria perché è un film di genere?

Uno dei motivi per cui la nomination di Everything Everywhere All At Once ha fatto discutere (anche in senso positivo), riempiendo le prime pagine delle testate internazionali, è il fatto che per decenni gli Academy Awards hanno sempre snobbato il cosiddetto cinema di genere, prediligendo film drammatici con una struttura ad hoc e tematiche sempre molto uguali a se stesse. Al di là del valore del singolo film premiato, nelle decisioni degli Oscar c'è comunque una sorta di schema che si è andato ripetendo e che permette agli addetti ai lavori di capire con largo anticipo quali potrebbero essere i film nel mirino degli Academy Awards. Ad un primo sguardo, Everything Everywhere All At Once sembra distruggere questo stereotipo: coi toni pulp di un cinecomic, l'appartenenza al cinema di genere e la scelta di affrontare il multiverso il film dei Daniels sembrava avere sulla carta tutti quegli elementi sovversivi che sembravano suggerire una sorta di svecchiamento dell'organo che concede i più importanti premi dell'industria cinematografica.

Una mancanza di originalità e coraggio

Peccato che queste promesse e premesse non vengano mantenute del tutto quando si arriva sul grande schermo. Al di là di un montaggio davvero pazzesco - questo sì meritevole di un riconoscimento - e dell'ottima interpretazione degli attori protagonisti e non, Everything Everywhere All At Once è una miscellanea caotica che non racconta nulla di nuovo - siamo davanti al solito film sulla famiglia e l'importanza delle proprie scelte - e che dietro a una messinscena quasi psichedelica nasconde la mancanza di coraggio di essere davvero sovversiva, di raccontare davvero qualcosa capace di creare una scintilla nello spettatore. Non basta l'aderenza ai modelli culturali del giorno d'oggi, né la facile prosopopea delle incomprensioni generazionali condite da problematiche sull'immigrazione e l'aderenza alla comunità LGBTQAI+ per creare un film sovversivo. Al contrario, il film finisce con il risultare a tratti irritante proprio per questa sua palese volontà di andare incontro a tutti i palati, di assecondare qualsiasi tipo di gusto e di non offendere nessuno. In questo senso il film dei Daniels non è un film rivoluzionario, è un film furbo.

I problemi di ritmo e l'uso del trash

Non aiuta nemmeno la gestione dei tempi e del ritmo. Everything Everywhere All At Once dura circa due ore e venti minuti, ma la gestione temporale è così sbilanciata che la seconda metà del film dà la sensazione di trascinarsi, di allungarsi, di tendersi quasi a voler testare la sopportazione di chi è seduto a guardare. L'intento forse era quello di esplorari quanti più universi paralleli possibili, ma il risultato è qualcosa di a-narrativo, qualcosa che serve solo a giustapporre sequenze e inquadrature per dimostrare di sapere fare il proprio lavoro. A questo si aggiunge anche un certo ricorso alla volgarità e al trash del tutto gratuiti: tanto il grottesco quanto il trash possono essere armi per rivoluzionare un certo modus operandi in ambito cinematografico - come è successo, ad esempio, con Thor: Love and Thunder - ma per funzionare devono essere usati con un'intenzione chiara. Invece il film offre solo scene messe con l'intento di far ridere e che invece lasciano basiti. E non si tratta né di sconvolgere un sistema di valori né di giocare sul finto perbenismo dello spettatore medio: sono scene gratuite, messe lì ancora una volta per riempire uno dei tanti vuoti creati da qualche lungaggine di troppo.Everything Everywhere All At Once è un film che va benissimo per essere goduto una sera, in una visione collettiva con gli amici e non manca di sprazzi davvero molto interessanti e, come si diceva all'inizio, di qualche elemento tecnico inattaccabile.

Ma niente di tutto ciò basta a definirlo come film migliore dell'anno, né a giustificare una sua ipotetica vittoria agli Oscar 2023.

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