Ci sono registi che diventano sinonimo di un genere. Altri che costruiscono una poetica riconoscibile. Rob Reiner, (ucciso oggi a coltellate insieme alla moglie) invece, appartiene a una categoria più rara, quella degli autori capaci di attraversare generi diversissimi mantenendo sempre una straordinaria chiarezza narrativa e un profondo rispetto per lo spettatore.
Figlio del leggendario Carl Reiner, Rob Reiner ha saputo emanciparsi molto presto dall’eredità familiare, costruendo tra la metà degli anni Ottanta e i primi Novanta una filmografia impressionante per varietà, qualità e impatto culturale. In pochi anni ha firmato alcuni dei film più amati e citati del cinema americano contemporaneo. Cinque titoli, più di altri, raccontano il suo talento e la sua importanza.
Stand by Me – Ricordo di un’estate (1986)
“Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?” Basterebbe questa frase finale per spiegare perché Stand by Me sia entrato nel cuore di generazioni di spettatori. Tratto da un racconto di Stephen King, il film è molto più di una storia di ragazzi in cerca di un cadavere: è una meditazione malinconica sulla fine dell’infanzia, sull’amicizia e sulla memoria.
Reiner dirige con una delicatezza rarissima, evitando ogni retorica. I protagonisti sono bambini veri, fragili, spaventati, spesso crudeli, mai idealizzati. Il viaggio fisico diventa un passaggio simbolico verso l’età adulta, e il tempo, più di qualsiasi mostro, è il vero antagonista del film. È uno dei migliori coming-of-age mai realizzati dal cinema americano.
La storia fantastica (The Princess Bride, 1987)
Se Stand by Me mostrava il lato più nostalgico di Reiner, La storia fantastica ne rivela quello più ludico e intelligente. Una favola che è al tempo stesso avventura, parodia, storia d’amore e racconto sul potere delle storie. Spade, pirati, principi cattivi e dichiarazioni d’amore memorabili convivono in un equilibrio perfetto. Reiner riesce in un’impresa quasi impossibile: creare un film per bambini che gli adulti adorano, e un film per adulti che i bambini non dimenticano.
Col tempo è diventato un cult assoluto, citato, memato e tramandato come le fiabe classiche. Un film che dimostra quanto il cinema possa essere intelligente senza perdere leggerezza.
Harry, ti presento Sally… (1989)
Probabilmente la commedia romantica più influente degli ultimi quarant’anni. Con una sceneggiatura perfetta di Nora Ephron e due interpreti in stato di grazia, Reiner firma un film che ridefinisce il genere.
La domanda centrale, “possono un uomo e una donna essere solo amici?”, diventa il pretesto per raccontare il tempo che passa, le illusioni sentimentali, le paure dell’età adulta. I dialoghi sono brillanti ma profondamente umani, e la regia è invisibile nel senso più nobile del termine: tutto è al servizio dei personaggi. La celebre scena del finto orgasmo non è solo iconica, è cinema che entra nell’immaginario collettivo.
Misery non deve morire (1990)
Con Misery Rob Reiner compie una sterzata netta verso il thriller psicologico. Ancora una volta da Stephen King, ma con un tono completamente diverso rispetto a Stand by Me. Il film è un esercizio magistrale di tensione e controllo. Pochi ambienti, pochi personaggi, un crescendo costante di angoscia. Reiner dimostra una precisione chirurgica nel dirigere la suspense, lasciando spazio a una Kathy Bates semplicemente terrificante, premiata con l’Oscar. È la prova definitiva che Reiner non era “solo” un regista di commedie o film sentimentali, ma un autore completo.
Codice d’onore (A Few Good Men, 1992)
Con questo film Reiner porta il suo cinema dentro le istituzioni americane, l’esercito, la giustizia, il potere. Tratto da un testo di Aaron Sorkin, Codice d’onore è un dramma giudiziario teso e verbale, costruito su scontri morali prima ancora che legali.
Il celebre confronto finale (“You can’t handle the truth!”) è diventato leggenda, ma il film funziona soprattutto per la sua riflessione sull’obbedienza, sulla responsabilità e sul prezzo della verità. È uno dei grandi film americani degli anni Novanta e chiude idealmente il periodo più straordinario della carriera di Reiner.
Un regista classico nel senso più alto
Rob Reiner non ha mai cercato lo stile sopra le righe o l’autorialismo ostentato. Il suo cinema è classico, limpido, centrato sulla storia e sui personaggi.
Ed è proprio questa “invisibilità” che lo rende uno dei registi più solidi e importanti della sua generazione. Questi cinque film non sono solo da vedere, sono da conservare, rivedere e tramandare. Perché raccontano l’infanzia, l’amore, la paura e la verità, cioè tutto ciò di cui il grande cinema è fatto.