È di cinquanta miliardi l’anno il costo della contraffazione

Cinquanta miliardi all’anno, 16mila euro ad azienda: è il costo della contraffazione pagato dalle imprese italiane. Un danno a cui si aggiunge la beffa, visto che le stesse aziende si preoccupano di migliorare e tutelare i propri prodotti investendo oltre 7,5 miliardi all’anno in invenzioni, marchi e brevetti.
A quanto pare non basta, visto che la perdita dovuta a contraffazioni ed imitazioni illecite tocca, direttamente o indirettamente, circa la metà delle nostre imprese. Particolarmente colpita la Lombardia, dove la contraffazione «succhia» quasi 10 miliardi l’anno alle aziende. È quanto emerge dall’indagine «Oltre il Made in Italy», condotta dall’Ufficio studi della Camera di commercio di Monza e Brianza.
Combattere la contraffazione è ovviamente una priorità per tutti gli imprenditori italiani (99,4%): una difesa da attuare attraverso azioni mirate quali la tracciabilità del prodotto (75,9%), maggiori controlli (52,6%) e l’etichetta obbligatoria (38,3%). Sempre a larga maggioranza (94,8%) gli imprenditori insistono su un Made in Italy rigoroso, prevedendo cioè sia l’ideazione che il confezionamento in Italia. Uno su due (57,8%) ritiene che il Made in Italy rappresenti i prodotti fabbricati in Italia, quindi sia l’espressione dello stile italiano (24,3%) e garanzia di qualità (17,9%). Ed è proprio la qualità l’elemento che caratterizza il Made in Italy per il 69,5% degli imprenditori italiani, seguita dall’eleganza e dalla bellezza.
Ma Silvio Paschi, segretario generale di Indicam, l’istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione, avverte: «Il Made in Italy riguarda l’origine doganale delle merci, ma purtroppo anche in Italia si fanno un sacco di contraffazioni. Tutti pensiamo solo alle imitazioni cinesi e spesso si dimentica che per entrare sul mercato italiano hanno bisogno come minimo di basi d’appogggio: ad esempio, i jeans che arrivano dall’Oriente e vengono etichettati qui da noi come se fossero di marchi noti, grazie a una vera e propria filiera di complicità, sia di finissaggio che commerciale. Senza parlare di Internet, vero e proprio detonatore per la contraffazione a causa dei controlli insufficienti».
Non a caso, il ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi ha invocato misure di controllo e di intervento sulla Rete sia contro i pedofili o chi istiga alla violenza, sia nei confronti di chi utilizza il web per vendere merce illegale o contraffatta: «La libertà in Internet non deve diventare un paravento per l’illegalità», ha detto. Non solo: «Bisogna colpire l’illegalità legale», ha aggiunto il ministro, non basta cioè cacciare i vu’ cumprà dalle strade o intervenire nei casi limite come Rosarno, ma vanno colpiti «i laboratori che copiano i prodotti del Made in Italy e i negozi che li vendono sotto un’apparenza di legalità».
E contro la contraffazione, asserisce Carlo Edoardo Valli, presidente della Camera di commercio di Monza e Brianza, «un problema sociale sempre più preoccupante» che non provoca soltanto un danno economico, occorre «un’alleanza sulla qualità che parta dai produttori, coinvolga i distributori e arrivi fino ai consumatori.

Come Camera di commercio siamo impegnati nel rafforzare il Made in Italy, e nel caso specifico il Made in Brianza, attraverso iniziative specifiche, come il passaporto del mobile, che promuovano l’intera filiera, dalle materie prime al design, e con i controlli di qualità che svolgiamo quotidianamente sui prodotti non a norma».

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