Ottanta passi per entrare nella storia, un balletto irriverente vicino ai suoi tifosi, avvolto dalla bandiera del suo paese, scarpette dorate in mano, per mandare su tutte le furie il presidente del comitato olimpico internazionale Jacques Rogge. Tutto questo è Usain Bolt, il nuovo superman del tartan. Prendere o lasciare. Risposta scontata per chi ha un cuore che batte a cinque cerchi, un po meno per chi ai suddetti cinque cerchi è a capo.
«Così non va, caro Usain», ha tuonato Rogge il giorno dopo che il fulmine Bolt aveva illuminato a giorno il «nido duccello» pechinese. Già dopo la finale dei 100, il numero uno del Cio aveva chiuso un occhio per quellarrivo un po troppo sopra le righe, pugno chiuso a battersi il petto e braccia spalancate ancor prima di superare il traguardo. Rogge aveva trovato rifugio nel gioco delle «tre scimmiette» anche per quel balletto di Bolt sotto gli occhi delle telecamere, tanto sgraziato nei modi quanto simpatico nel suo essere, tipico di chi è cresciuto a pane, corsa e musica reggae.
Due giorni fa, con il mondo intero a implorarlo ai suoi piedi, il bis. Sia in pista che fuori. Usain vola, polverizza Michael Johnson e poi si dedica alla sua attività preferita: pose da dio greco e passi di danza, di quello strano balletto che ormai è marchio di fabbrica.
Tanto da mandare su tutte le furie il belga Rogge che, preso in mano il decalogo decoubertiniano, ha cercato di mettere un freno alluomo più veloce del mondo. «Per noi, quellatteggiamento non è da campione», le parole con le quali ha stigmatizzato lo spettacolo che Bolt ha messo in scena dopo le due strepitose vittorie tra balletti e gesti assortiti. «Non ho problemi se mette in piedi uno show ma penso che dovrebbe mostrare più rispetto per i suoi avversari. Dovrebbe stringere mani e distribuire pacche sulle spalle dopo la gara, non fare gesti come quelli compiuti dopo i 100 metri». Quel mix di potenza, esplosività e velocità condite da un pizzico di irriverenza che Rogge fatica proprio a digerire. «Comprendo la gioia ma avrebbe potuto manifestarla in un altro modo. Sembrava che lui volesse dire agli altri prendetemi se ci riuscite. È ancora giovane, imparerà».
Certo è che lisola caraibica è ormai la nuova patria degli sprinter: alla doppietta di Bolt e al podio tutto giamaicano nei 100 donne, ieri si è aggiunta anche la vittoria di Veronica Campbell nei 200. Che il capo del Cio, nella paura di nuovi balletti, abbia voluto mettere le mani avanti?
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