Economia

Cir, De Benedetti sospende la scissione

Cir, De Benedetti sospende la scissione

da Milano

Standard&Poor’s mette il bastone fra le ruote a Carlo De Benedetti e l’ingegnere rimanda la scissione di Cir. Ieri con una nota, il cda della holding ha annunciato la sospensione del progetto che avrebbe dovuto dividere in due le attività di famiglia: da un lato sarebbe confluito l’Espresso, dall’altro le società non editoriali. A rompere le uova nel paniere dell’ingegnere è stata l’agenzia di rating: il 6 ottobre scorso ha tagliato il giudizio sul titolo a «junk» (spazzatura) con il rating corporate passato a BB+/B da BBB-/A-3. Resta il CreditWatch (titolo sotto osservazione) con implicazioni negative che era stato applicato il primo agosto, dopo l’annuncio del piano per scorporare le attività non media. Un giudizio, quello di S&P, che in una situazione di mercato come quella attuale, non poteva essere ignorato. «Il cda ha preso atto, pur non condividendola, della decisione di S&P e di alcuni proprietari di bond», ha dichiarato ieri il presidente Carlo De Benedetti.
Dopo il taglio operato dall’agenzia di rating la reazione degli obbligazionisti è stata immediata. Con due comunicazioni al board di Cir un gruppo di detentori di bond riuniti nel Trust dell’emissione con scadenza 2024 (in totale 300 milioni) hanno evidenziato «che l’operazione si può configurare come un event default dell’obbligazione (causa di fallimento del bond)», si legge in una nota emessa ieri da Cir. Il piano, al contrario, non ha sollevato questioni dai possessori di obbligazioni con scadenze più ravvicinate «380 milioni nel 2009 e 175 milioni di euro nel 2011», spiegano fonti vicine alla società.
Il progetto prevedeva che dentro la vecchia Cir sarebbe rimasto il Gruppo Editoriale L’Espresso mentre fosse costituita una nuova holding in cui sarebbero confluite Sorgenia (energia), Sogefi (componenti per auto), Holding Sanità e Servizi (sanità) e servizi finanziari (Jupiter, Oakwood, Cir International e Ciga/Medinvest). La scissione quindi avrebbe portato via da Cir i gioielli della corona, lasciandole solo le attività editoriale dei De Benedetti: il settimanale, La Repubblica, oltre a 16 quotidiani nazionali, All music e le tre radio (Dj, Capital e M2O). «La divisione avrebbe ridotto le prospettive e la diversificazione del portafoglio di Cir, che sarebbe così stato concentrato solo sull’Espresso, aumentando significativamente il rischio default», recita la nota di Standard&Poor’s. L’agenzia di rating ha un giudizio sul gruppo editoriale di BBB- con prospettive negative.
La posizione di Cir è netta. Il piano non pregiudica «gli interessi dei portatori di bond, che anche dopo la scissione potranno rivalersi sul patrimonio della scissa mantenendo invariata la garanzia del proprio credito», si legge in una nota. Il mercato però ieri ha festeggiato la notizia. Cir è volata in Borsa del 7,2% a 1,04 euro; meno euforico L’Espresso che ha chiuso in rialzo dell’1,9% a 1,41 euro.
«Con la scissione la vecchia Cir non avrebbe più beneficiato dei ricchi flussi di cassa delle attività industriali – spiega un analista che aggiunge – la holding però ha una posizione finanziaria netta positiva e gli accordi prevedono che anche in caso di fallimento delle controllate non sarà chiamata a rispondere, la decisione di S&P mi pare dunque eccessiva». Senza consolidare il debito delle controllate Cir lo scorso giugno aveva un’eccedenza finanziaria di 154 milioni di euro.

«Al di là della scissione la recessione sarà devastane sui conti dell’Espresso che con un calo della pubblicità rischia di chiudere in perdita diversi trimestri», spiega un analista.

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