Cirio, Parmalat e i «furbetti»: i tre anni neri del Governatore

Il bagno di folla a Lodi nel 2002 con Fiorani, poi lo scontro con Tremonti e le inchieste

Guido Mattioni

L’ultima, profonda, anche se non proprio salubre «boccata di gloria», Antonio Fazio l’aveva data agli inizi del 2002, guarda caso proprio a Lodi, tirando a piene gote e con visibile soddisfazione il fumo di un grosso sigaro cubano. Simbolo da lider maximo, simbolo di potere. Il Governatore era lì per la riunione del Forex, vetrina finanziaria di lustro voluta nel paesone lombardo dal patron di Bpi, Gianpiero Fiorani, fattosi immortalare insieme all’amico Fazio e a Emilio Gnutti in una tronfia passerella lungo le vie dello struscio. Una cosa un po’ padana, da ganassa, ma passata comunque alla storia.
Poi, dispersosi il fumo, è rimasta soltanto la cenere. Perché dalla fine di quell’anno, per il grand commis ciociaro ha preso il via un triennio orribile, iniziato con il crac Cirio, proseguito con quello Parmalat, passato attraverso le intercettazioni telefoniche dell’estate scorsa e culminato con le dimissioni di ieri, vigilia di un Natale con un panettone dal gusto amaro. Tre anni in cui Banca d’Italia e il suo numero uno sono finiti in continuazione (e in crescendo) sotto il tiro incrociato delle accuse - nella migliore delle ipotesi - di mancata vigilanza sul sistema creditizio. Accuse piovute addosso a Fazio da parte di risparmiatori «scottati», di associazioni dei consumatori, di opinionisti, di politici, ma soprattutto di un ministro testardo come Giulio Tremonti. Che non a caso, sulla sua scrivania, ostentava a mo’ di minaccioso ed eloquente portapenne una lattina di pelati Cirio.
I guai del gruppo alimentare esordiscono nel novembre 2002 quando la Cirio Finance Luxemburg, società di diritto olandese, dichiara di non essere in grado di rimborsare un prestito obbligazionario di 150 milioni di euro. Proseguono a gennaio 2003 con il prestito ponte bancario di 25 milioni di euro assicurato dalle banche per garantire operatività alla società di Sergio Cragnotti. E si amplificano a febbraio con i risultati di un’inchiesta Consob che parlano di perdite per 144 milioni di euro e un indebitamento di 700 milioni. Ma a bruciare di più, alla fine, sono le conseguenze per 30mila risparmiatori italiani, titolari dei corporate bond Cirio (consigliati come investimento sicuro da quasi tutte le banche), trovatisi da un giorno all’altro con un pugno di mosche in mano e una perdita complessiva di 1,12 miliardi di euro.
Tremonti, che si chiede dove fosse all’epoca dei fatti Bankitalia, a ottobre 2003 convoca una riunione del Cicr, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio. Ma Fazio la diserta mandando a dire che in quella riunione «non c’era nulla da deliberare». Non solo, nello stesso giorno da via Nazionale si arriva a insinuare che tra il tentativo di consegnare a Fazio il Tapiro d’Oro (conclusosi con il pestaggio del «tapiroforo» Valerio Staffelli, picchiato dalla scorta del governatore su sua precisa istigazione) e l’iniziativa di Tremonti, si potesse leggere una sospetta coincidenza.
Di certo, tra il ministro e il governatore era guerra. Iniziata peraltro già l’8 luglio, quando il primo aveva chiesto Fazio di «riferire sull’argomento» dei corporate bond Parmalat dopo che un’emissione di 300milioni di titoli trentennali dell’azienda di Collecchio era stata improvvisamente cassata. Col senno di poi, la preoccupazione di Tremonti si sarebbe rivelata fondata, con la scoperta nel marzo 2004 di un buco di 14,3 miliardi di euro e decine di migliaia di risparmiatori in lacrime o imbufaliti.
Ma in quel caso, come pure in merito ai chiarimenti chiesti dal ministro sul ruolo di Capitalia nel caso Cirio, o circa i discutibili prodotti finanziari a rischio My Way e Four You, piazzati però dal gruppo Montepaschi come normali e innocui piani di accumulo, le risposte del governatore al ministro erano sempre state verbali, «de minimis» o addirittura negate dietro l’impugnazione del segreto d’ufficio.
Ma è nella interminabile audizione parlamentare del gennaio 2004 - sette ore, un record - che Fazio toccherà il vertice della autodifesa sua e dell’istituto da lui guidato. Sostenendo infatti che circa i casi Cirio e Parmalat «il sistema è senza colpe», che gli attacchi a Bankitalia «sono andati oltre» provocando «un chiasso negativo», arrivando addirittura a definire «quattro soldi» quelli persi dai 115mila risparmiatori complessivamente coinvolti nelle due vicende. E riservando inoltre a Tremonti la definizione di «grande esperto in paradisi fiscali».
Poi, è arrivata la vicenda più recente, con il suo cast di furbetti del quartierino e il suo corredo di telefonate quanto meno imbarazzanti. Su tutte, quella di Cristina Rosati, ovvero Lady Fazio, con l’allora numero uno della popolare lodigiana.

Un incredibile florilegio di «baci in fronte», di «sono gelosa», di «tu sei l’aquilone e devi volare alto» oltre che di progetti di metter paura a quei «maledetti della Consob». Dialoghi finiti tutti nero su bianco, questa estate, sotto l’ombrellone degli italiani. Insieme a una lunga lista di regali. Alcuni dei quali, in seguito, addirittura riciclati.

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