Citigroup in profondo rosso, Borse al tappeto

La banca lancia l’sos chiedendo risorse fresche per oltre 12 miliardi

da Milano

Il velo è caduto: Citigroup, l’ex regina delle banche americane, è ora a nudo. E non è un bel vedere. Perdite per 9,83 miliardi di dollari; svalutazioni pari a 18 miliardi; giro d’affari in caduta libera (da 23,8 a 7,2 miliardi); dividendi tagliati del 41%, quando per mesi i vertici ne avevano garantito l’intoccabilità: più che una trimestrale, una galleria degli orrori finanziari. O, meglio, il falso Eden dei subprime svelato per quello che è in realtà: una bolgia infernale, un’idrovora mangia-ricchezza. Ben lo sapevano, e da tempo, le Borse. Eppure, la reazione è stata violenta, in una corsa a vendere il vendibile che ha provocato perdite tra il 2 e il 3% nei listini e sacrificato in Europa 205 miliardi di euro di capitalizzazione. Con lo spettro della recessione Usa che diventa giorno dopo giorno più minaccioso, si complica la missione dei ghostbuster della Fed. Forse chiamata, a fine mese, a decidere una misura di emergenza: un taglio dei tassi dello 0,75%.
I conti di Citi del periodo ottobre-dicembre, i peggiori nella centenaria storia dell’istituto (che ha subìto ieri il prevedibile declassamento da parte di Standard & Poor’s), non sono del resto che la prima parte affiorata dell’iceberg. Se si riveleranno esatte le stime di Bankitalia, che ha calcolato tra i 300 e i 600 miliardi di dollari le perdite derivanti dal ciclone subprime, evitare la collisione sarà impresa dura. La partita, ancora tutta da giocare, sarà lunga e poco piacevole, vedrà le banche Usa sottoposte alla gogna finanziaria delle trimestrali e verosimilmente costrette a lanciare l’sos. Così ha fatto Citigroup, obbligata a una forzata iniezione di capitali freschi da 12,5 miliardi, dopo i 7,5 già chiesti lo scorso novembre. Risorse che arriveranno, sotto forma di un assegno da 6,88 miliardi staccato dal fondo sovrano di Singapore, il Singapore of Government Corp, mentre la parte restante includerà investimenti da parte del Kuwait Investment Authority, il principe saudita Alwaleed (già primo socio della banca), la Capital Research & Management, lo stato del New Jersey attraverso la New Jersey Division of Investment e l'ex ad Sandford Weill. Sul mercato verranno inoltre collocate obbligazioni convertibili per 2,2 miliardi.
All’appello mancano ancora i tagli del personale. Arriveranno presto, si dice a Wall Street, dove già si ipotizzano oltre 20mila licenziamenti, non si esclude la soluzione di un break up per Citi (meno 7,64%) e a fine giornata si è fatto ieri il conto delle perdite (meno 2,21% il Dow Jones, meno 2,44% il Nasdaq), da sommare a quelle delle Borse europee. Milano ha lasciato sul campo il 2,31%, ma ancor peggio si sono comportate Londra (meno 3%), Amsterdam (meno 2,93%) e Parigi (meno 2,83%). Male anche Francoforte (meno 2,27%).
I listini hanno pagato anche l’inaspettata battuta d’arresto delle vendite al dettaglio in dicembre (meno 0,4%), mese dello shopping per eccellenza. Il cedimento delle spese private, vero pilastro dell’economia (valgono i due terzi del Pil), è una spia rossa accesa sul quadro di comando della locomotiva Usa.

Mutui, mercato del lavoro in decelerazione (tasso di disoccupazione il mese scorso, ai massimi da due anni) e alti prezzi dell’energia stanno fiaccando le capacità finanziarie delle famiglie americane. L’ex oracolo di Wall Street, Alan Greenspan, si è già pronunciato: «Forse siamo o stiamo per entrare in recessione».

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