La città replica coi comunicati, tifosi in piazza

Anche i giornalisti sportivi liguri si ribellano «alla giustizia ingiusta, irridente e distratta»

La città replica coi comunicati, tifosi in piazza

Diego Pistacchi

La città trattiene il fiato nella notte più buia dell’estate. La sentenza della Caf, quella che ormai tutti davano per scontata, arriva di mattina. Tutto proprio come previsto, anche troppo. Ed è l’aria da presa in giro che fa salire la temperatura fino a sera, fino al raduno a De Ferrari, alle 21. Prima dell’ora X, una dopo l’altra arrivano tutte le reazioni. Non ce n’è una che spenda mezza parola per provare a giustificare l’atteggiamento dei giudici della Caf e le scelte della Federcalcio. Dal presidente della Provincia, Alessandro Repetto, arriva addirittura un esposto-denuncia alla magistratura. Sono indicate due ipotesi di reato: «Abuso d’ufficio e omissione d’atti d’ufficio», da parte dei giudici dei bigliettini. La denuncia, preparata dall’avvocatura della Provincia e presentata in procura, punta a fare luce sulla «eccessiva severità della pena», sull’«atteggiamento vessatorio» nei confronti del Genoa, sul comportamento dei magistrati sportivi di primo e secondo grado, sulle diverse valutazioni adottate in casi identici del passato, e sulle omissioni della Federcalcio per altri casi come false fidejussioni, falsi in bilancio, passaporti falsi, acquisto di giocatori non tesserabili, doping. Ma Repetto aggiunge: «Vorrei distinguere i tifosi e la collettività danneggiata, dalla dirigenza del Genoa, sulla quale qualche perplessità ce l’ho: potrei fare finta di niente, ma non me la sento di difendere Preziosi a spada tratta». La cosa paradossale è che da oggi, come pm di turno a palazzo di giustizia, c’è Giovanni Arena, lo stesso magistrato che insieme al collega Alberto Lari ha condotto l’inchiesta contro il Genoa. A lui, di fatto, viene chiesto di agire in tempi strettissimi, per un’inchiesta che potrebbe significare la salvezza del Genoa. Un’ottima occasione.
Un’ «entrata a gamba tesa» in aula come sul campo, viene giudicata dal consigliere provinciale di Forza Italia Lorenzo Zito la decisione della Caf che «corrisponde a una vergogna inammissibile, formulata tra l’indifferenza e l’incoscienza». Da un giurista come il sindaco Giuseppe Pericu arriva una critica alla «sentenza che non convince affatto», perché «c’è anche l’impressione di una leggerezza da parte di giudici un po’ goliardi». Sempre dal Comune, dai banchi di Forza Italia, arriva la denuncia di Giuseppe Costa che cita Andreotti nelle teorie sul pensar male: «Forse c’è una manina genovese che ha gettato il sasso».
Il presidente della Regione Claudio Burlando prova invece a mettere in moto la macchina politica, perché chi ha potere di vigilanza sulla Federcalcio faccia qualcosa. L’opinione di tutti è che la sentenza, così come è maturata, non sia accettabile. Il timore è però altrettanto condiviso: che i tifosi scelgano la strada peggiore per non accettarla. Lo stesso prefetto cambia il tono delle sue dichiarazioni: dopo la linea dura dettata nei primi giorni, Giuseppe Romano rivolge ai tifosi un invito più comprensivo delle loro ragioni: «Manifestate pure, anche con l’effervescenza necessaria a questo caso, ma risparmiate la città nei suoi gangli vitali». La Lega Nord chiama in causa il ministro della Giustizia Roberto Castelli per chiedergli di verificare «se siano stati tenuti comportamenti contrari al codice di autoregolamentazione dei magistrati».

Anche l’Ussi, l’unione dei giornalisti sportivi liguri, definisce quella della Caf una «giustizia irridente e distratta, l’esatto paradigma della giustizia ingiusta». Tutti chiedono di rifare il processo, nessuno dubita del grave torto subito dal Genoa. Ma i tifosi non sembrano accontentarsi dei comunicati. L’incubo di una notte di fine estate è tutto lì.

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