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"Via la cittadinanza a chi va all'estero per combattere"

Secondo l'ulema Kavazovic, Gran Muftì della Bosnia, molti si arruolano nell'Isis per motivi economici e sociali e non solo spinti dalla religione

"Via la cittadinanza a chi va all'estero per combattere"

Husein Kavazovic è il Reisu I ulema, il Gran Mufti, a capo della comunità islamica bosniaca, che conta poco meno di 2 milioni di persone. Classe 1964 ha studiato all'università Al Azhar del Cairo.

Da 150 a 300 giovani bosniaci si sono arruolati volontari con lo Stato islamico o altri gruppi estremisti in Siria ed Irak. Cosa ne pensa?

«Qualcuno (il Papa nda ) sostiene che siamo di fronte a una terza guerra mondiale a pezzi combattuta in diverse aree dall'Ucraina all'Irak. Sicuramente questo disordine attrae determinati gruppi e individui. Per il numero contenuto di combattenti bosniaci musulmani la motivazione può essere religiosa, ma è pure sociale ed economica. È un fenomeno che desta preoccupazione in Bosnia, ma i musulmani non sono gli unici a partire. Anche un certo numero di cristiani ortodossi bosniaci sono andati a combattere in Ucraina».

I volontari della guerra santa, però, vogliono il Califfato...

«Alcuni giovani vorrebbero riportare in vita i tempi del Califfato, ma è uno sbaglio doloroso e sanguinoso. Sono tentativi destinati a fallire. Il passato non risuscita».

Come fermare il flusso di partenze per la Siria?

«Ho proposto di privarli della cittadinanza, ma non ci sono leggi adeguate. Tuttavia continuo a credere che chiunque prenda le armi in terra straniera non debba più essere cittadino bosniaco».

Alcuni imam antifondamentalisti, come Selvedin Beganovic, sono stati assaliti e minacciati di morte. Aggressioni salafite?

«Dobbiamo ancora stabilire con certezza cosa sia accaduto all'imam Beganovic aggredito diverse volte. Lui stesso non ha riconosciuto gli aggressori e la polizia non li ha ancora identificati. In ogni caso anche un solo attacco agli imam, capitato pure a Sarajevo, è inaccettabile e va perseguito».

Un religioso islamico è stato assalito nella capitale?

«È successo a Breka, un sobborgo. Gli assalitori erano legati a dei gruppi criminali coinvolti nel narcotraffico, che sono diventati salafiti».

Gornja Maoca è una delle enclave estremiste, dove sono spuntate la bandiere nere. Come è possibile?

«Lo Stato non fa abbastanza per rafforzare la sua presenza nell'area. Gornja Maoca è il principale esempio di comunità chiusa, ma non dobbiamo ingigantirlo trattandosi di poche decine di persone».

Però da Gornja Maoca è partito uno dei leader del gruppo filo Al Qaida che combatte in Siria. Le bandiere nere non la impressionano?

«Siamo tutti preoccupati da questo fenomeno. Le bandiere dell'Isis sono una provocazione, ma i musulmani bosniaci non hanno affinità con queste tendenze estremiste. Chiunque sia affiliato all'Isis va processato».

Il Papa verrà a Sarajevo il 6 giugno. Cosa pensa della visita?

«È il benvenuto. È venuto a Sarajevo come amico della Bosnia-Erzegovina».

Come giudica la primavera araba?

«È scoppiata nelle nazioni governate dal nazionalismo arabo di stampo socialista. Questi Paesi sono stati distrutti dalla primavera araba, che ha favorito la nascita di gruppi mostruosi che puntano a riempire il vuoto lasciato dal collasso del sistema precedente. Le grandi nazioni occidentali, che hanno favorito la primavera araba, sono ancora pigramente sedute a guardare senza fare nulla per prevenire la catastrofe.

Eppure sta accadendo di fronte a noi».

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