Vivere in condominio

Vicini di casa rumorosi: come difendersi applicando la legge

Oggetto di molte liti condominiali, le abitudini irrispettose di alcuni residenti possono arrecare disturbo ai singoli e alla comunità. Non sempre si riesce ad “arginarli”, ma ci si può provare con alcuni strumenti legali

Condòmini rumorosi: come “difendersi” nel rispetto delle regole
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Quando non sono i rumori esterni, dovuti a movide e lavori vari fuori orario, a disturbare la quiete di chi abita in città ci pensano, in alcuni casi, i vicini. I condòmini rumorosi e in alcuni casi molesti, costituiscono a volte una vera “piaga” di difficile soluzione per il singolo o per la comunità. In un mondo ideale basterebbe rispettare poche semplici regole di buon senso e vivere civile, perché ognuno potesse godere in serenità del piacere della propria casa. Peccato che non sia quasi mai così, e che al contrario, il rispetto di tali regole valga solo per gli altri. Esiste un qualche modo per fare rispettare il proprio diritto alla quiete all’interno del condominio? La risposta sarebbe sì, se non fosse accompagnata da circostanze e disposizioni spesso difficili da mettere in atto. Vediamo.

Cause e possibili rimedi

Fra i rumori dei vicini di casa all’origine delle liti di condominio, troviamo bambini che giocano, lavatrice in piena notte, litigi coniugali, radio e televisione a tutto volume, rumore persistente di tacchi sul pavimento (ma a volte anche dei semplici piedi scalzi particolarmente “pesanti”, o sedie e mobili trascinati e sbattuti senza attenzione). In prima istanza il consiglio è di tentare di trovare una soluzione bonaria, parlando direttamente con i responsabili del disagio e chiedendo loro di stare più attenti, rispettando quantomeno gli orari di quiete, stabiliti, oltre che dal Codice civile (art.844), dal regolamento condominiale, che dovrebbero aver sottoscritto anche loro. In seconda istanza, rivolgersi all’amministratore, il quale può intervenire con un richiamo formale oppure, in caso di perdurare del disagio e di violazione palese del regolamento condominiale (qualora sia stato sottoscritto da tutti i condomini) comminare una sanzione fra i 200 e gli 800 euro (in caso di recidiva). Raramente però questo accade, anche perché, come vedremo, la dimostrazione del problema è tutta a carico del danneggiato.

Cosa dice la legge

Il primo "appiglio" in questo senso offerto dalla legge italiana è l’articolo 659 del Codice penale, che definisce il disturbo della quiete pubblica: “Chiunque – recita fra l’altro l’articolo - mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309”.

Per segnalare la violazione dell’articolo 659, è necessaria però una chiamata alle forze dell’ordine (polizia e carabinieri), che, per poter essere efficace, deve essere qualificata. Ciò vuol dire che quando si richiede il loro intervento ai sensi di questo articolo, occorre specificare dettagliatamente la tipologia dell’intervento, il tipo di disturbo in essere e in particolare la perseveranza del rumore. Altro elemento da specificare, la volontarietà nella produzione del rumore, che non deve essere accidentale. Questo è molto importante ai fini dell’azione delle forze dell’ordine, che deve avvenire subito, d’ufficio.

Attenzione: i rumori molesti devono arrecare disturbo non solo al singolo, ma anche alla pluralità dei soggetti che compongono il condominio. La Corte di Cassazione ha chiarito infatti che i rumori e gli schiamazzi notturni integrano il reato di disturbo della quiete pubblica quando arrecano disagio non solo a noi ma anche ai nostri vicini. Deve trattarsi quindi di un rumore oggettivo, che dà fastidio a tutti.

Per far cessare una condotta molesta c’è poi il ricorso d’urgenza al tribunale ai sensi dell’articolo 700 del Codice di procedura civile, contro le “molestie intollerabili”, ed in presenza di “esigenze indifferibili di tutela della salute”. Si tratta di un provvedimento con tempi più rapidi rispetto ad un normale processo civile. Non occorrono testimonianze e particolari procedure da seguire, ma solo alcuni documenti che indichino al giudice in maniera certa ed obiettiva che quella del vicino è una condotta rumorosa, che richiede una cessazione immediata. Deve però trattarsi di qualcosa di oggettivo che minacci irreparabilmente prima di tutto in primis le nostre orecchie, e poi la nostra salute. In questi casi, sarebbe bene allegare alla propria istanza una perizia fonometrica o la relazione redatta da un tecnico specializzato, dimostrando in maniera puntuale il superamento della normale tollerabilità, e che i rumori del vicino sono così disturbanti da incidere pesantemente sulla vita di un’intera famiglia; ciò metterà il giudice in condizione di decidere in maniera obiettiva. Il Ricorso ex articolo 700 può avvenire anche qualora la causa sia in corso, mentre vengono cioè accertati i fatti indicati nel ricorso presentato alla cancelleria del tribunale competente per territorio.

Ulteriore opzione, il risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 2043 del Codice civile, cui è collegata la sentenza 1606 del 2017 della Cassazione. Tale sentenza permetteva il risarcimento del danno delle emissioni sonore anche in mancanza di prova, affermando che il pregiudizio alla salute e alla qualità della vita dovuto allo stress subito a causa delle molestie va risarcito come danno non patrimoniale, anche in assenza di una prova effettivamente documentata. Alla base della sentenza, la violazione dell’articolo 844 del Codice civile, già citato, secondo cui “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.

I tempi del silenzio

Gli orari di silenzio in condominio sono di solito indicati nel regolamento condominiale (ammesso che questo ci sia, visto che sotto i 10 condomini non è necessario), ma non sono gli stessi in tutta Italia. Il regolamento stabilisce in quali orari non si può ascoltare musica o utilizzare attrezzi rumorosi quando si dorme o si riposa, e che occorre stare attenti a non fare rumore in condominio nei seguenti orari: prima delle 8:00 del mattino, tra le 13:00 e le 15:00 e dopo le 21:00. Questi orari devono essere rispettati anche sabato e domenica. Nella stagione estiva la tolleranza può arrivare fino alle 23:00. Si tratta comunque di fasce orarie di massima, perché anche le regole condominiali sui rumori possono essere differenti.

In mancanza di regolamento condominiale, gli orari di silenzio nei condomini e quelli per fare rumore sono disciplinati dalla normativa prevista dal comune di residenza, che fissano comunque il divieto di fare rumori nei giorni di sabato e domenica, mentre per gli altri giorni della settimana il silenzio condominiale deve essere rispettato, per la pausa pranzo, dalle 14.00 alle 16.00, per gli orari notturni dalle 22.00 alle 8.00.

Fuori da questi orari di silenzio, valgono le prescrizioni indicate dalla legge, e cioè divieto per chiunque di produrre, dai propri appartamenti, rumori che superino la soglia normale di tollerabilità (art.844 del Codice civile), condanna per chi disturba il riposo di più persone con rumori molesti (art.659 del Codice penale). In alcuni casi esistono deroghe applicate dai comuni, ad esempio sui lavori da eseguire nel week end, estendendo la possibilità di effettuare tali lavori (sempre nel rispetto delle fasce orarie!) anche il sabato, ma solo fino all’ora di pranzo.

Cosa può fare l’amministratore

In qualità di garante del rispetto del regolamento di condominio, l’amministratore può intervenire per far cessare il chiasso proveniente da un appartamento, ma solo qualora il regolamento in questione fissi degli orari specifici di silenzio. Se così non fosse, l’amministratore non ha alcun potere. D’altra parte è facoltà dell’amministratore avvisare le autorità per la presenza di chiasso superiore alla normale tollerabilità, quando ciò rientri nel penale. Come detto, non è necessaria una querela, ma basta una semplice segnalazione, visto che le indagini possono partire anche d’ufficio.

Inoltre il condominio, in quanto ente immateriale, non risulta titolare di alcun diritto alla salute. L’azione contro i rumori molesti può essere esercitata quindi dal solo proprietario dell’appartamento dove si sentono i rumori. Dunque, non può essere il condominio, neppure per mano dell’amministratore, a portare davanti al giudice il singolo proprietario che, con i rumori propri o dei suoi ospiti (come nel caso di un bed & breakfast o un affittacamere) disturbi i residenti nello stabile. Tocca ai singoli danneggiati chiedere il risarcimento al molestatore.

Negli altri paesi

Forse, per risolvere molte di queste controversie, si potrebbe prendere spunto da come vengono gestite in altri paesi, in modo molto più severo rispetto a casa nostra e, in alcuni casi, drastico, da parte del condominio. Magari senza arrivare a certi estremi. Ecco alcuni esempi.

In Germania la legge prevede, per i molestatori della quiete in condominio, l’obbligo di vendita dell’appartamento in caso di mancato rispetto delle regole di buon vicinato. Si tratta di una norma che prevede che la proprietà sia venduta in caso di violazione di determinate regole comportamentali. Lo stesso si fa in Polonia, dove è prevista la possibilità per il giudice di emettere un ordine di messa in vendita dell’immobile. In Danimarca, si procede con la vendita forzata e, nel caso di affitto, con lo sgombero dall’appartamento.

Non si scherza neanche in Svizzera, dove è prevista la cacciata vera e propria dal condominio del vicino molesto, deliberata dall’assemblea, con votazione da cui viene escluso il condòmino “colpevole”.

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