In un periodo critico per l’economia italiana si registra un vero proprio calo dei punti vendita presenti nei centri storici. Questo fenomeno viene chiamato “rischio di desertificazione” che porta all’abbassamento delle serrande e alle vetrine vuote. I dati affermano che in dieci anni sono spariti centomila negozi. Per quanto riguarda i canali si acqusito, la GenZ preferisce compare offline. Sul web ha successo il settore dedicato all'elettronica e ai prodotti tecnologici che totalizza un 62% di acquirenti online. L’indagine di Confcommercio presenta uno scenario critico per il commercio dei centri storici italiani, mentre Confesercenti evidenzia il ritorno agli acquisti in negozio.
L’analisi
Da Nord a Sud sono state studiate 120 città italiane nel periodo che va dal 2012 al 2022. Dall’analisi sono escluse Milano, Roma e Napoli in quanto città multicentriche con un modello economico a sé. I centri storici sono effettivamente a rischio, vediamo i numeri dei vari settori. La pluralità dei punti vendita è sicuramente diminuita, in termini percentuali si verifica un calo notevole della presenza del comparto alimentare che registra un -7,6%, anche i tabacchi calano del -2,8%, seguono mobili e ferramenta che totalizzano un -30,5%. Altri settori analizzati sono libri e giocattoli che, numericamente parlando, diminuiscono del -31,5%, vestiari e calzature subiscono una decrescita del -21,8%, i carburanti scendono del -38,5%. Per quanto riguarda gli ambulanti, si registra una calo del -19,8%. Gli unici settori che si salvano riguardano le farmacie con una crescita del +12,6% e quello dedicato a telefonia e computer che aumenta del +10,8%.
Le città svago
Grazie alla realtà delle “città svago” caratterizzate da un gran numero di visitatori, si registrano aumenti in termini di presenza numerica per quanto riguarda la ristorazione che cresce del +4% e gli alloggi in crescita del +43%. All’interno di queste realtà gli stessi lavoratori consumano in maniera mirata specialmente in ambito di delivery e tecnologia. Anche qui, però, è arrivato il mercato dell’online che ha contribuito a svuotare vetrine e ad aprire ipermercati in periferia, sono quindi fattori che contribuiscono a sminuire la presenza fisica dei negozi storici e ad alimentare il mercato delle multinazionali. Un dato su tutti riguarda la riduzione della domanda “fisica”, la quale viene soddisfatta dalle realtà online, che supera gli incrementi generati dall’attività online dei piccoli negozi calcolata in forma aggregata.
Le conseguenze
Più i centri storici si svuotano più la comunità rischia di impoverirsi e l’allarme criminalità cresce. L’analisi sostiene che l’addensamento commerciale è ciò che rende ricco il territorio e, in questo frangente, la diminuzione dei negozi sembra avere impatti rilevanti sul disagio sociale. Oltre a questo fattore, chiudono sempre più negozi: a Bologna, solo nel 2022, è stato registrato un negozio chiuso ogni 24 ore, a Modena 137 esercizi hanno abbassato le serrande in dieci anni. Città come Pistoia denunciano la sparizione di 213 attività in dieci anni, da 517 a 377. Pisa dimezza gli ambulanti e perde il 29% dei commercianti al dettaglio.
L’offline resta il canale preferito
Nonostante l’avanzata degli acquisti online, i negozi fisici sono ancora il canale preferito per determinate categorie merceologiche. Nello specifico, l’online ha successo specialmente nel comparto viaggi, infatti, il 72% degli intervistati ha programmato sul web la prossima vacanza. Un discorso analogo per il mondo della moda dove l’eCommerce ha raggiunto il 52% della clientela. Gli amanti degli acquisti in negozio, invece, riguardano diversi settori merceologici, come quello di articoli e abbigliamento sportivo per il 54%. Anche chi compra in ambito di cosmetica, profumeria e cura del corpo preferisce evitare l’online, infatti, la clientela che si reca in boutique ammonta al 58%. Nonostante il successo delle app di delivery, il 69% dei clienti preferisce andare in loco per ritirare cibo e bevande d’asporto. Il 77% degli intervistati compra in negozio prodotti per la pulizia della casa e l’82% degli acquirenti del settore alimentari preferisce fare compere al supermercato.
Un gap generazionale
Le differenze riguardano anche l’età dei clienti. I Baby Boomers preferiscono effettuare gli acquisti offline, come la generazione Y.
La GenZ preferisce intraprendere l'esperienza dello shopping nei negozi fisici tranne per quanto riguarda la spesa di alimentari e prodotti per la pulizia di casa, cibo e bevande d'asporto, cosmetica ed elettronica.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.