
Sono ormai oltre quattro italiani su dieci a ospitare almeno un animale da compagnia in casa, e questo significa avere non solo delle gioie quotidiane che da ciò derivano, ma anche delle responsabilità nei suoi confronti: il tema della possibilità per un dipendente di assentarsi da lavoro per assistere il proprio cucciolo è particolarmente sentito e sono sempre più numerose le richieste di colmare questo vuoto normativo. A quanto pare siamo arrivati a una svolta, dal momento che è in piedi un dibattito che potrebbe portare alla tanto agognata proposta di legge, ma prima di allora cosa accade oggi in casi di emergenza?
Al momento ci si può appoggiare alla sentenza 15076/2018 della Cassazione, che ha introdotto per l'appunto il diritto per un lavoratore di assentarsi da lavoro con permesso retribuito per prendersi cura del proprio gatto o cane qualora insorgano situazioni di emergenza sanitaria: un pronunciamento che ha di fatto equiparato l'assistenza medica a un parente malato a quella fornita a un animale domestico.
Affinché tale possibilità venga riconosciuta devono comunque essere rispettati determinati requisiti, a partire dalla documentazione redatta dal veterinario che certifichi questa condizione di urgenza e dall'impossibilità da parte di altri familiari di assistere la bestiola bisognosa di cure. In condizioni del genere il titolare è tenuto a dare il suo assenso, consentendo al lavoratore la possibilità di non incappare nella violazione dell'articolo 727 del Codice Penale che punisce per l'appunto l'abbandono di animali.
La sentenza della Suprema Corte ha aperto la via a un dibattito normativo a livello nazionale, e alla Camera è in fase di discussione una proposta di legge per ufficializzare i permessi retribuiti per poter fornire assistenza al proprio animale domestico: al momento, ma si parla ancora di una fase iniziale, si parla di 3 giorni di assenza retribuita in caso di morte e di un monte di 8 ore annuali per malattia o urgenti cure veterinarie di cani o gatti (gli unici presi per ora in considerazione per il fatto che sono i soli con microchip e registrati all'Anagrafe nazionale degli animali da compagnia).
Un riconoscimento del genere non solo porterebbe a una valorizzazione dell'importanza che gli animali domestici rivestono per milioni di italiani, ma anche a trovare una soluzione in grado di limitare i danni psicologici, con ripercussioni anche sullo stesso lavoro, che il dolore per
la malattia o la perdita di un cane o un gatto inevitabilmente hanno su tutti i membri della famiglia. In attesa di una legge ad hoc, comunque, in caso di necessità fa testo la sentenza della Cassazione sopra menzionata.