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Clamoroso: il rugby italiano si ritira dall'Europa. «Volevano troppi soldi»

Una doccia fredda sul rugby italiano. Questo è l'effetto dell'annuncio che alle 19,30 di stasera esce dai vertici della Federugby. La Fir annuncia che l'ingresso italiano in Celtic League - la «Champions» della pallaovale europea, il supertorneo per club dove si misura il meglio del meglio continentale - non si farà più. Annunciato l'anno scorso, presentato come il salto di qualità che avrebbe consentito al rugby azzurro di mettersi alla pari con i massimi livelli di questo sport, lo sbarco in Celtic League naufraga ancora prima del varo. Questione di soldi, dice il comunicato Fir. Un esito grottesco, se si pensa che intorno alla scelta delle due formazioni da mandare in Europa si era lacerato il mondo della pallaovale nostrana, erano scesi in campo i politici, erano volate accuse di ogni genere. Tanto rumore per nulla.
Ecco il comunicato federale: «La Federazione Italiana Rugby, dopo mesi di intense trattative e un accurato processo di revisione interna, comunica di trovarsi oggi nella condizione di dover interrompere ogni negoziato con il Board di Magners Celtic League relativamente all'ingresso di due entità sportive italiane a partire dall'edizione 2010/2011.
Tale decisione è stata assunta a seguito delle richieste di natura economica da ultimo avanzate dal Board stesso, e ritenute da FIR non accettabili sia per l'entità sia perché rivolte ad esclusivo beneficio delle sole selezioni già partecipanti alla competizione.
"Ciò che più mi rincresce - ha dichiarato il Presidente federale Giancarlo Dondi - è che queste richieste siano emerse solo nella fase finale delle trattative. Nel caso fossimo stati messi preventivamente a conoscenza delle eccessive pretese economiche del Board di Magners avremmo evitato un lungo e laborioso percorso. Questa amara decisione, che deriva dal solo intento di preservare la dignità del rugby italiano, non può e non deve in nessun modo rappresentare un freno alla crescita del movimento rugbistico nel nostro Paese.
Se non si verificheranno ripensamenti da parte del Board celtico sono sicuro che, attraverso percorsi alternativi, riusciremo comunque a raggiungere i traguardi che con grande serietà e perseveranza ci siamo prefissati. Nei prossimi mesi lavoreremo con ancor maggiore intensità ed impegno per far sì che le competizioni nazionali possano essere sempre più formative per l'alto livello ed appetibili per gli sponsor ed il grande pubblico"».
Molte parole, come si vede, ma poche spiegazioni concrete su come si sia arrivati alla rottura. Di fatto, però, il retromarcia sembra confermare un dubbio che molti covavano: che lo sbarco in Europa costituisse un passo troppo lungo per le esili gambe del rugby di casa nostra, economicamente asfittico e attraversato da una crisi economica profonda. Era realistico immaginare che mentre i conti in rosso travolgevano club blasonati come il Calvisano e il Piacenza, si potesse entrare nel business a sette zeri del rugby professionistico europeo? La risposta arriva oggi.
Inizialmente, a partecipare alla Celtic League dovevano essere gli Aironi del Po, nati tra le province di Mantova e Parma, e i Pretoriani di Roma. Ma le pressioni della Lega, e la verifica dei conti, avevano poi portato all'esclusione dei romani a favore del Benetton Treviso, sollevando l'indignazione della Capitale.

Ora tutto viene cancellato, e per il rugby italiano è - comunque la si guardi - una giornata triste.

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