Politica

Clandestini, soldi a chi rimpatria Ma Bossi: "Vadano a casa e basta"

Viminale e Farnesina in campo per far fronte all'emergenza: soldi ai clandestiniche rimpatrieranno spontaneamente. Si tratta di programmi internazionali già cofinanziati dall’Unione europea e gestiti in particolare dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Frattini assicura: "Il programma sarà attiva solo con un finanziamento integrale dell'Ue". Ma il Senatur non ci sta: "Mandiamoli a casa e basta". Dal Mediterraneo il disperato sos di 330 eitrei e somali: "Salvateci"

Clandestini, soldi a chi rimpatria 
Ma Bossi: "Vadano a casa e basta"

Roma - Fa discutere, nel quadro più complesso legato ai problemi che pone l’aumento dei flussi migratori, la proposta di offrire un contributo di 1.500 euro ai tunisini che decidono di fare ritrono in patria. Il ministro degli Esteri Franco Frattini assicura che si tratta di programmi internazionali già cofinanziati dall’Ue e gestiti in particolare dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Vista la particolare situazione e la dimensione del fenomeno in atto, i programmi del Viminale e della Farnesina "hanno lo scopo del reinsediamento dei migranti nelle loro aree di origine". Dal ministro Umberto Bossi arriva un fermo no ("Mandiamoli a casa e basta"), mentre le opposizioni invitano a gestire il fenomento senza alimentare paure.

Il piano per rimpatriare i clandestini Frattini ha ribadito che il modo migliore per sostenere le transizioni democratiche è "sostenerne il rilancio economico". "Se l’Europa non è pronta noi crediamo che sia opportuno iniziare a prendere impegni nazionali", ha spiegato il titolare della Farnesina riferendosi agli incontri a Tunisi. "Abbiamo offerto da un lato un sostegno per il bilancio del Paese nordafricano con una linea di credito di 95 milioni di euro, dall’altro abbiamo predisposto un pacchetto di aiuti che incida sui settori che hanno un valore aggiunto a cominciare dalle piccole e medie imprese - ha continuato il ministro degli Esteri - una proposta globale che cerca di affrontare le radici del problema".

Bossi e Lombardo polemizzano Al leader leghista UMberto Bossi non piace proprio la "dote" per i clandestini che sono disposti a rimpatriaren spontaneamente. "Ma che pagare? Io non gli darei niente. Li caricherei e li porterei indietro. E se tornano li riportiamo ancora a casa", ha commentato il ministro delle Riforme intervenendo a margine di un convegno sull’evoluzione federalista dei 150 anni dell’unità d’Italia. "Il Pd ha chiesto un ministro per l’immigrazione? - ha continuato il Senatur - ci penso io a farlo e vedrete che tutto va a posto". Anche il presidente della Regione Raffaele Lombardo ha polemizzato con il governo: "In un casotto di legno della mia campagna di Grammichele qualcuno ha dormito. Era prevedibile. Io l’avevo detto, che con l’arrivo degli immigrati bisognava uscire con il mitra". "I richiedenti asilo - ha osservato - sono liberi di uscire, vanno in giro, poi magari, disorientati, non riescono a tornare e cercano una casa dove dormire. Una ventina di loro non è rientrata, infatti, ed era immaginabile".

Ancora sbarchi a Lampedusa Sono proseguiti anche la notte scorsa gli sbarchi di nordafricani a Lampedusa. Nelle ultime ore altre due imbarcazioni con circa 140 persone hanno raggiunto l’isola dove al momento, nonostante continuino intensamente i trasferimenti via nave e con i ponti aerei, si trovano ancora più di quattromila immigrati. Il primo dei due natanti è stato soccorso intorno 2 a circa sei miglia a sud dalla costa dalle motovedette della Capitaneria di porto e della Guardia di Finanza, il secondo è approdato direttamente sulla terraferma. A mezzanotte, intanto, dopo aver caricato a bordo 500 persone, ha lasciato la rada lampedusana la nave San Marco, della Marina militare italiana, per far rotta verso il porto di Taranto dove arriverà questo pomeriggio. Al molo di Lampedusa, poi, questa notte ha attraccato la nave cisterna che con i suoi 4mila metri cubi d’acqua dovrebbe rimediare all’emergenza idrica creatasi negli ultimi giorni.

Barcone lancia un disperato sos Un disperato sos viene lanciato da 330 profughi somali ed eritrei che sono salpati quattro giorni fa su un grosso barcone da Misurata, in fuga dall’incendio della Libia. Navigano a due miglia all’ora in un mare che comincia ad agitarsi e che è solcato dalle navi da guerra della coalizione internazionale impegnata nelle operazioni militari autorizzate dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Navi che non sono intervenute in loro soccorso. Samuel afferma che ciascuno ha pagato mille dollari ai trafficanti libici per imbarcarsi su quel vecchio scafo che ora procede a due nodi l’ora nel Mediterraneo con un destino incerto. La navigazione viene monitorata dalla Guardia costiera.

In questo momento si trova in acque non italiane, a circa 60 miglia da Lampedusa, ma la Capitaneria di porto ha inviato comunque delle motovedette, "perché la situazione a bordo si è fatta complicata".

Commenti