Clara Reeve, gotica sì ma con realismo

Seba Pezzani

Secolo XV. Il cavaliere Sir Philip fa ritorno in patria dopo aver partecipato a una lunga campagna militare e scopre che il suo migliore amico, lord Lovel, è morto in circostanze poco chiare e che sua moglie, in attesa di un figlio, è stata stroncata dal dolore. A ereditare le proprietà del casato è stato il cugino, che lo ha poi ceduto al barone Fitz-Owen, un uomo retto. Questi ha allevato il piccolo Edmund come un figlio, apprezzandone le doti inconsuete e rendendolo inviso a buona parte della famiglia. Per metterlo alla prova e dissipare ogni dubbio sul suo onore, il barone gli impone di dormire per tre notti nell'ala abbandonata del castello, che si dice sia infestata dagli spiriti. Grazie al suo coraggio e all'intervento di sir Philip, Edmund mostrerà a tutti di essere degno della più alta considerazione e indagherà sul fosco mistero relativo alla sua nascita e alla scomparsa di lord Lovel.

Pubblicato nel 1777 con il titolo Il campione della virtù: una storia gotica, il romanzo Il vecchio barone inglese di Clara Reeve è un antesignano delle storie di atmosfera gotica che, nell'Ottocento, avrebbero fatto la fortuna di una parte sostanziosa della letteratura britannica. Secondo alcuni, la Reeve avrebbe tentato di combinare gli ingredienti tipici del romanzo cavalleresco classico con tematiche presenti ne Il castello di Otranto di Horace Walpole, pubblicato nel 1764, peraltro ponendo minore enfasi sull'elemento soprannaturale, che si stempera in una narrazione più legata alla realtà.

Non a caso Clara Reeve scrisse nella prefazione che una storia come quella de Il vecchio barone inglese si sarebbe dovuta mantenere nei confini della realtà, senza travalicare i limiti abbondantemente superati dal Castello di Otranto. Walpole, piccato, ribatté che il romanzo della Reeve era così prevedibile che qualunque processo per omicidio sarebbe risultato più interessante e che l'idea stessa che una storia di fantasmi dovesse essere credibile era ridicola.

C'è anche chi sostiene che le atmosfere del Vecchio barone inglese siano state prese a modello da Mary Shelley per Frankenstein, pubblicato nel 1818. Comunque sia, l'opera di Clara Reeve è in tutto e per tutto un importante esponente del romanzo classico inglese.

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