LondraAlla faccia della campagna elettorale sonnacchiosa. La «Cleggmania» rumoreggia quasi come un vulcano islandese: prima incendia gli animi, poi rischia di estinguersi, sicuramente scuote gli avversari alle fondamenta. E nel giorno del suo secondo dibattito tv già durante la mattinata il leader liberaldemocratico britannico è stato attaccato da alcuni media, promosso ad alleato ufficiale del Labour, disprezzato come sempre dai conservatori. Lui, da ottimo attore, non sembra scomporsi, fedele al motto «che si parli, purché se ne parli». E pazienza se ha passato la giornata a difendersi dalle accuse che il quotidiano conservatore Daily Telegraph gli aveva gettato addosso. Lo stesso giornale che ha sollevato lo scandalo dei rimborsi facili, ha infatti rivelato che Nick Clegg nel 2006 aveva ricevuto cospicue donazioni da tre sostenitori sul suo conto privato. In effetti una prassi insolita quanto pericolosa per un politico, soprattutto se emerge a poche settimane dal voto.
Ieri il giornale e lopposizione hanno chiesto lumi sulla faccenda, ma una spiegazione Clegg lha già data ammettendo il fatto e sottolineando che quel denaro è servito per il suo staff politico. «Presenterò tutta la documentazione - ha spiegato - e potrete vedere che non cè nulla di misterioso o illegale». Fine della polemica almeno per il momento anche perché i suoi avversari hanno altro da fare oltre a cercare gli scheletri negli armadi altrui. Il leader conservatore David Cameron si preoccupa per esempio di recuperare i voti dei gay mandando il suo segretario allAmbiente, dichiaratamente omosessuale, in Polonia, al prossimo raduno per i diritti dei gay. Una mossa ad hoc necessaria anche a convincere gli alleati europei che il suo non è un partito di omofobi. Ma in questa partita a tre è il Labour il vero giocatore di sponda che si fa scudo di Clegg per colpire i conservatori e rimanere al governo, seppur perdente nei sondaggi e con somma probabilità anche alle elezioni. Ormai quasi rassegnati di fronte a una sconfitta, i laburisti sfoggiano il classico pragmatismo britannico e prendono le parti del rivale politico Clegg per consentire a Gordon Brown di rimanere a Downing street anche nella prossima stagione a capo di un governo di coalizione. Così ieri, con una dimostrazione pubblica di sostegno senza precedenti, Mandelson, ministro allIndustria, e Miliband, segretario per gli Esteri, hanno difeso a spada tratta il leader liberale dalle accuse della stampa conservatrice definendole il sintomo «di un panico profondo nelle file dei Tory». Più che di sintomi qua si tratta di sberle vere e proprie. In quella che fino a un paio di settimane fa sembrava la campagna elettorale più noiosa e scontata della storia moderna britannica, soprattutto i conservatori sembrano aver perso il loro self control. Di sicuro lo hanno smarrito due dei loro rappresentanti - uno dei quali è stato arrestato - che ieri hanno tentato di colpire con un pugni e schiaffi il laburista John Prescott. Che volessero emulare il famoso destro del vice di Blair, diretto a un contestatore che laveva colpito con un uovo, è sicuro dato che indossavano delle maschere con la sua faccia. Peccato che invece di raggiungere lavversario politico abbiano preso in pieno due signore a lui vicino.
E ieri sera, appena terminato il dibattito tra i tre aspiranti primo ministro, sono arrivati i risultati della sfida: successo di Cameron con il 36% dei consensi su Clegg (32%) e Brown (29%), secondo un sondaggio di yougov per il Sun. Vittoria al fotofinish per Clegg con il 33% sui due rivali, ex aequo al 30%, per la rivelazione di Comres per Itv. Le intenzioni di voto? Il 36% ha detto Liberali, il 35% Conservatori, solo il 24% Laburisti.
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