Politica

Cofferati dà l’ultimatum a Prc e Verdi

Il Cinese: «Starò sempre con i proprietari maltrattati e con i poliziotti picchiati»

Claudia B. Solimei

da Bologna

Il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, rompe il silenzio dopo la manifestazione dei centri sociali che sabato gli è arrivata fin sotto le finestre del Comune per contestarlo e dà un ultimatum politico a Rifondazione comunista e ai Verdi, «colpevoli» di essere scesi in piazza con i no global ma anche di criticare e attaccare da settimane le sue scelte, pur sedendo tra i banchi della maggioranza: «Legalità, giustizia e solidarietà sono il fondamento della politica di questa amministrazione» ha spiegato ieri in un’affollata e inusuale conferenza stampa domenicale, per poi lanciare l’affondo: «Nei prossimi giorni il sindaco proporrà un ordine del giorno in Consiglio comunale su questi temi. Chi non voterà quel documento, si dovrà ritenere fuori dalla maggioranza». Tradotto: o state con me in tutto e per tutto, compresa la condanna delle occupazioni abusive di edifici, oppure ve ne andate. Non dà scadenze temporali precise per risolvere la crisi, ma l’ex numero uno della Cgil sottolinea che l'estate sarà il limite invalicabile.
Del documento che presenterà, Cofferati ha assicurato parlerà prima in giunta, quindi anche con l’assessore di Rifondazione che siede al suo fianco, Maurizio Zamboni, ma quello lanciato ieri soprattutto al Prc suona come una vera e propria sfida. Sfilando in manifestazione sabato, infatti, il neo eletto segretario provinciale del partito, Tiziano Loreti, aveva detto: «Dovrebbe smetterla di parlare di legalità. Difendo le occupazioni che sono tutte legittime». Proprio a lui, dunque, ha risposto ieri il Cinese, innescando una crisi politica che, a nemmeno un anno dalla vittoria elettorale del centrosinistra a Bologna, potrebbe risolversi nell’uscita di Rifondazione dal governo della città.
L’ultimatum agli alleati è arrivato il giorno dopo il corteo che ha chiesto la liberazione dei tre giovani no global finiti in carcere in seguito all’occupazione di un locale, di proprietà di un privato, nella zona universitaria della città. I tre sono stati accusati di vari reati, con l’aggravante della finalità di eversione dell’ordine democratico. Nel rispetto degli accertamenti della magistratura, Cofferati ha scartato questa «ipotesi inquietante», ma non si è mosso di un centimetro dalla sua difesa della legalità: «L'aggravante si aggiunge a reati che nessuno, né gli imputati, né i difensori hanno smentito: occupazione di un edificio privato, maltrattamenti ai proprietari, percosse a poliziotti che stavano facendo il loro lavoro». E ha aggiunto, calandosi nel nuovo ruolo di sindaco inflessibile che si è ritagliato, proprio quello che fa saltare i nervi alla sinistra radicale che gli chiede dialogo e spazio: «Il sindaco di Bologna starà sempre con i proprietari maltrattati e i poliziotti picchiati». Quindi l’ultima stoccata ai partiti ribelli della sua maggioranza: «Nel corteo ho rilevato una certa schizofrenia - sottolinea - la testa era contro il sindaco e la giunta, la coda (dove sfilavano Rifondazione e i Verdi, ndr) era impegnata a spiegare che non era d'accordo con la testa».
La crisi di Bologna è un presagio preoccupante per il futuro dell’Unione anche a livello nazionale, sebbene Cofferati si schernisca quando sente parlare di «laboratorio cittadino» e si dica sereno sulle conseguenze di quanto sta accadendo: «Io sono il sindaco di Bologna, lungi da me l’idea di fare azioni qui per influenzare quello che avviene a Roma». Resta il fatto che molti occhi sono puntati sullo scontro politico che si sta consumando in città e proprio da Roma, dal quartier generale di Rifondazione, erano arrivate le prime bordate contro la «svolta autoritaria» del Cinese. Il quale, del resto, non si sottrae a passare dal piano locale a quello nazionale, commentando la scelta della Margherita di correre col proprio simbolo alle prossime elezioni politiche: «C'è bisogno di una discussione esplicita e molto aperta nel vasto schieramento del centrosinistra - dice -: prima il programma, poi le forme e la modalità di gestione, se no rischiamo di non essere capaci.

Se poi uno mi dice che è meglio stare insieme che separati, io gli dico di sì».

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