Coinvolte decine di persone ma il Garante si sveglia solo quando tocca al politico

da Roma

«E allora siamo padroni di una banca?». Il 31 dicembre 2005 il Giornale pubblicava il testo di una telefonata intercorsa tra il segretario Ds, Piero Fassino, e l’ex presidente di Unipol, Giovanni Consorte. Il 25 gennaio 2006 il presidente dell’Autorità garante della privacy, Francesco Pizzetti, annunciava l’avvio di un attività di «verifica con l’attività giudiziaria». Il 10 ottobre 2006 con un provvedimento ad hoc l’Authority ha bloccato la trasmissione del test antidroga che le Iene di Italia 1 avevano surrettiziamente eseguito su alcuni parlamentari italiani.
Ieri Pizzetti ha esternato sul caso Sircana richiamando nuovamente il mondo dei media «ad attenersi al principio di essenzialità e alla tutela della dignità delle persone, specialmente quando dalle notizie pubblicate nulla risulti a loro carico». Lecito domandarsi, allora, se i politici siano come personaggi orwelliani, «più uguali degli altri». O, per lo meno, se abbiano diritto a una maggiore tutela rispetto a veline, calciatori e protagonisti vari del Cafonal di Roberto D’Agostino.
«Il Garante - spiega al Giornale il suo componente Mauro Paissan - ha preso oltre 900 provvedimenti in questo ambito. L’attenzione verso i politici è un problema giornalistico. Io ho sempre difeso la signorina Aida Yespica che è stata messa in mezzo per comportamenti sessuali che non configurano nessun reato». Secondo l’ex direttore del Manifesto, quindi, l’attività di tutela della riservatezza svolta dal Garante «riguarda tanto la velina quanto la gente comune giacché si è impedito alle Iene di trasmettere un servizio su un test antidroga effettuato in una discoteca».

I vip, inoltre, «hanno l’arma dei risarcimenti chiesti in sede civile». Ma un pericolo rimane. «Non vorrei - conclude - che si accelerasse l’iter del ddl sulle intercettazioni sull’onda dello scandalo perché si potrebbe andare contro la libertà di informazione».

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