Paul Hembery è un quarantenne inglese di Bristol che parla divertito un divertente italiano. Paul è il direttore di Pirelli Motorsport, il condottiero straniero delle truppe italiane che hanno conquistato la F1. A Milano, nel novembre scorso, aveva predetto: «Le nostre gomme serviranno per avere più sorpassi ed esalteranno le doti di guida». Ora a Melbourne dice: «Che gara fantastica, le nostre gomme hanno consentito il giro record in qualifica al debutto e, ieri, abbiamo visto una gara con molti duelli, sorpassi da brivido e tre piloti di team diversi sul podio. Ringrazio la squadra Pirelli che in soli nove mesi, dalla firma dellaccordo, ha ottenuto tutto questo». Come dire... missione compiuta.
Dunque, se la Ferrari ha perso, la Pirelli ha vinto. Questo è nei fatti del primo Gran premio dellanno. Parlare di polimeri e mescole non è come esaltare piloti ed imprese, ma se in nove mesi unazienda italiana passa con successo dalla firma dellaccordo al debutto come fornitore unico in uno degli ambienti tecnico-sportivi più complicati e ostili che ci siano, un motivo dorgoglio tricolore cè. Tanto più che le critiche nella marcia di avvicinamento cerano state, eccome. Si era detto e scritto che le gomme duravano troppo poco - e su questo, vedrete, lesame proseguirà Gp per Gp, come è giusto che sia -; si era detto e scritto di piloti preoccupati per la sicurezza, quegli stessi piloti che a cominciare da Vettel ora dicono «complimenti Pirelli».
«Ma non dormiremo sugli allori» stoppa subito il festival di elogi Hembery. «Fra due settimane cè la Malesia, una nuova sfida, una sfida diversa». Linglese di Bristol sa come va il mondo a trecento allora: quindici giorni e gli applausi possono diventare fischi, lo sport ha memoria corta.
Il bel debutto Pirelli porta con sé lesaltazione della nostra industria e un piccolo rimorso: quello di dimenticarci troppo spesso delle aziende made in Italy che ad ogni Gp che il Dio dei motori manda in terra fanno il loro e lo fanno bene. Pensiamo alla Brembo di patron Bombassei. Se frenano i vari Vettel e Webber, Alonso e Massa, se frenano tutti i piloti di Red Bull, Ferrari, Mercedes, Sauber, Toro Rosso e Hrt F1 è perché i dischi della Casa bergamasca li equipaggiano affiancandoli con un team di tecnici che segue le squadre in giro per il mondo. E così per la Magneti Marelli e il famigerato kers: suo quello usato da Renault, sue tutte le iniezioni montate sui bolidi del Circus. Senza contare che, tornando a Brembo, con il marchio Sabelt produce le cinture di sicurezza montate sulla Ferrari.
Ma la presenza tricolore in F1 prosegue con altri marchi, si pensi alla Geox che proprio in inverno ha siglato un accordo di partnership tecnica - quindi non solo sponsor ma parte attiva - con la Red Bull campione del mondo. Cerano anche le sue scarpe sul podio di Melbourne, scarpe appositamente progettate.
LItalia in F1 cè e non solo di rosso vestita. Il problema vero è che mancano i piloti.
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