Luigi Mascheroni
Fu un artista silenzioso e geniale, uno dei massimi del nostro Novecento. Bruno Munari: un nome che ha esportato la creatività italiana nel mondo, e che il mondo ci invidia. Pittore (passò dal futurismo al Mac, dallArte Programmata allarte cinetica), grafico (ha costruito limmagine di più di una casa editrice, e Giulio Einaudi lo considerava il suo collaboratore più prezioso), scrittore (libri per linfanzia e non solo), pedagogo (inventò un metodo di sviluppo delle attitudini psicosensoriali del bambino), designer, illustratore e tanto altro ancora.
Della sua vulcanica attività rimangono opere, libri, dipinti, disegni che ben conosciamo. Ma esiste anche un tesoro nascosto - un capitolo importante della grafica italiana del 900 - che da poco è stato messo in vendita. E che fa gola a molti, soprattutto a Milano, la città in cui lartista è nato, ha lavorato ed è morto, otto anni fa. Si tratta della collezione Baccoli che raccoglie lintero archivio editoriale di Bruno Munari: una straordinaria serie di disegni preparatori, bozzetti, xerografie, collages, per un totale di 1.150 «pezzi» che raccontano i diversi passaggi mentali, grafici e tipografici dellartista, giocati sul piano del rapporto immagine-parola. Non solo il prodotto finito (la copertina del libro o il manifesto pubblicitario, sotto gli occhi di tutti ormai), ma lintero processo dellinvenzione, a partire dal menabò e dallo schizzo preliminare fino allopera completata: sfogliando queste carte si ha la sensazione precisa di come un artista fissa sulla carta le idee più belle.
La collezione, va da sé, è imponente, unica al mondo. Una parte imperdibile non solo di quella figura poliedrica e complessa che fu Munari, ma un pezzo della stessa Milano, di quella Milano, in particolare, degli anni Cinquanta-Sessanta, quando davvero la città era la New York europea. Perdere questo patrimonio sarebbe un errore colossale. Larchivio - affidato ora al libraio antiquario milanese Andrea Tomasetig - è valutato qualcosa come 880mila euro (ma gli esperti sono pronti a scommettere che lanno prossimo, centenario della nascita di Munari, potrebbe anche raddoppiare). E gli acquirenti si sono naturalmente scatenati. Scartata dallo stesso proprietario, il medico Giancarlo Baccoli, amico di Munari fin dagli anni Cinquanta, lipotesi di farlo uscire dallItalia (sebbene si siano fatti avanti collezionisti giapponesi e americani), l'archivio Munari è attualmente conteso da tre acquirenti. E in prima fila cè proprio lUniversità Statale di Milano che con il suo centro «Apice» («Centro archivi della parola dellimmagine della comunicazione editoriale») è diventata il luogo per eccellenza di raccolta e studio delleditoria italiana del Novecento, e che naturalmente non vuole farsi sfuggire un «pezzo da novanta» come questo.
Ma lUniversità Statale deve vedersela con altri due concorrenti agguerritissimi: il comune di Badia Polesine, dove la famiglia Munari ha vissuto per diversi anni, e che vorrebbe trasformare in museo una parte di palazzo Estensi, e la Provincia di Trento che ha già pronto per raccogliere il prezioso archivio il Centro darte contemporanea di Cavalese (la direttrice del Mart, Gabriella Belli, ha avuto incarico recentemente di periziare la collezione).
Intanto, proprio sabato i soggetti interessati allacquisto si sono incontrati per confrontarsi sulle diverse strategie dazione. Di certo, lateneo milanese è fortemente interessato a portare a casa il tesoro di Munari (il rettore Enrico Decleva è uno dei nostri massimi storici delleditoria ed è grazie a lui che in passato l«Apice» ha acquistato raccolte di straordinario valore, come la collezione Reggi o larchivio Scheiwiller), ma deve fare i conti con i soldi in cassa. Incerto, al momento, il quadro dei finanziamenti pubblici alle università (tutto dipende dalla nuova finanziaria), la Statale chiede aiuto a istituzioni pubbliche e private: Regione, Comune e fondazioni pur di riuscire ad accaparrarsi le «idee più belle» di Munari.
Il «rischio» concreto è che la vendita, chiunque sia a spuntarla, si chiuda entro lestate. E Milano spera.
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