Collezione Iannacone Anni Trenta

Collezione Iannacone Anni Trenta

Che cos’è un collezionista d’arte? La domanda si impone di fronte a questo catalogo edito da Skira (250 pagine, s.p.) che raccoglie, sotto il titolo Una caccia amorosa, ciò che Giuseppe Iannaccone ha messo insieme nel corso di un ventennio. Nato da un’idea dello stesso Iannaccone, il volume si avvale dei contributi critici di Elena Pontiggia, Claudia Gian Ferrari, Fabio Carapezza Guttuso, Rischa Paterlini e Silvia Someschini e mette insieme una serie strepitosa di grandi artisti italiani degli anni Trenta del Novecento: esponenti della Scuola Romana e dei Sei di Torino, dei chiaristi e del movimento Corrente, nonché due outsiders di straordinario valore. Qualche nome sarà sufficiente per capirsi: Mafai e Scipione, Fausto Pirandello e Ziveri, Guttuso e Levi, Rosai e de Pisis... Prima però di rispondere all’interrogaqtivo da cui siamo partiti, varrà la pena ricordare che Giuseppe Iannaccone è un importante avvocato (campano di nascita, di Avellino per la precisione, ma milanese d’adozione), con studio in corso Matteotti, per il quale l’arte è divenuta a un certo punto ”la stampella dell’anima” come lui stesso scrive nell’introduzione che apre Una caccia amorosa. In sostanza, dietro l’amore per la pittura e la creazione di una collezione di prim’ordine c’è la consapevolezza di una sorta di terapia psicologica: l’affrontare la vita, con tutti i suoi complicati intrecci professionali e familiari, lo stress da lavoro e da responsabilità, i successi e le sconfitte, avendo come rimedio e come antidoto una passione intima e privata. “Se sono più equilibrato, lo devo esclusivamente all’arte” scrive ancora Iannaccone ed è il più perfetto esempio delle virtù terapeutiche che l’arte stessa porta con sé. Un collezionista non è un investitore, né un mercante, ma, come scriveva Walter Benjamin, la sua essenza consiste nel fatto che egli “ intraprende una lotta contro la dispersione. Il grande collezionista originariamente è colpito dalla confusione, dalla frammentarietà in cui versano le cose di questo mondo. Egli riunisce ciò che è affine, in tal modo può riuscirgli di dare ammaestramenti sulle cose in virtù delle loro affinità, o della loro successione nel tempo”. Questo spiega perché fra collezionare e acquistare c’è una profonda differenza e perché una collezione come quella messa insieme da Iannaccone non sia la somma delle opere acquistate o acquistabili, ma rappresenti un carattere, un disegno interiore, un proposito e insieme una sfida al tempo: riunire ciò che venne disperso, ridare coerenza a ciò che il tempo ha fatto divenire incoerente. Ciò che colpisce della collezione Iannaccone è proprio l’intreccio fra una passione del tutto personale e la capacità di metterla al servizio di una ricerca filologica. Qui infatti siamo di fronte ai lavori maggiormente rappresentativi del panorama culturale fra le due guerre e, compatibilmente con la disponibilità del mercato e la volontà degli eredi, con i capi d’opera di ciascun artista. Negli anni Iannaccone ha non solo ricostruito dei “percorsi d’autore”, ma è anche riuscito a individuare per molti dei essi quel momento particolare in cui una stagione artistica produceva al suo interno varianti e ripensamenti, novità e approfondimenti.

Basti pensare al Caos di Renato Birolli che viene dopo Taxi rosso e Periferia, agli eccezionali ritratti di Guttuso e a quelle sue nature morte in cui si passa dalla densità lirica della materia cromatica a una pittura sinteticamente strutturata, oppure al capolavoro di Scipione, Profeta in vista di Gerusalemme, che quasi sembra personificare la drammatica fine dell’artista stesso. Insomma, una collezione che racconta un pezzo importante della storia d’Italia e insieme, il ritratto di un amante dell’arte entusiasta e testardo, a volte incosciente, sempre felice.

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