La collezione Koelliker a Palazzo Reale

Mostra promossa da Comune e Fondazione Mazzotta

Francesca Amé

I collezionisti a Milano sono di casa. Solo che spesso quella riservatezza tutta lombarda li spinge a non cercare i riflettori. A Milano ci sono - lo ricorda un cultore della arti come Gabriele Mazzotta - tra i principali collezionisti di libri antichi, tra i migliori acquirenti del mercato d'arte nazionale ed è a Milano che vive Luigi Koelliker. Il nome, di origine svizzera, suonerà familiare a chi si intende di automobili: pochi sanno tuttavia che dietro quel cognome dal suono deciso si cela un tale appassionato della cultura da possedere una delle raccolte private più ricche e variegate al mondo. Milleseicento solo i quadri, tanto per intendersi. A questi si aggiungano le sculture, gli strumenti ottici, quelli astronomici e altro ancora. Chi lo conosce bene lo definisce un «onnivoro dell'arte» e collezionista mai banale nella scelta dei pezzi da acquistare.
Da oggi Palazzo Reale, in una mostra promossa dall'assessorato alla cultura del Comune insieme alla Fondazione Antonio Mazzotta, omaggia questo milanese che tante volte ha generosamente prestato i capolavori in suo possesso per esposizioni pubbliche e che ha anche contribuito ai recenti restauri della Pietà Rondanini. «Maestri del '600 e del '700 lombardo nella collezione Koelliker» (sino al 2 luglio, catalogo Mazzotta) è un viaggio affascinante attraverso una sessantina di dipinti selezionati dai curatori Francesco Frangi e Alessandro Morandotti. «La comunità deve premiare chi ha la vocazione alla bellezza, a raccogliere le testimonianze dell'arte e a metterle a disposizione del pubblico», ha commentato l'assessore alla Cultura Stefano Zecchi. Questa mostra è un omaggio alla capacità dell'imprenditore milanese (che anche in questa occasione ha preferito non comparire, ma lasciar parlare la sua collezione) e un omaggio alla città che da oggi può godere, spesso per la prima volta, di alcuni capolavori pittorici che hanno fatto la storia dell'arte in Lombardia.
L'esposizione è ben strutturata e segue il naturale ordine cronologico dei quadri selezionati, alcuni dei quali acquisiti dalla storica collezione Melzi e da quella di Giovanni Testori: si comincia con i grandi protagonisti del Seicento quali Cerano, Morazzone e Procaccini (di cui è in mostra una commovente «Annunciazione»). Di Tanzio da Varallo colpiscono i tratti e i colori decisi come nel «Ritratto del gentiluomo con la spada» (del 1615) che secondo Francesco Frangi può essere annoverato tra i capolavori della ritrattistica seicentesca. Negli anni del cardinal Federico Borromeo l'arte lombarda fu investita di un ruolo molto importante per la Controriforma: era necessario il ritorno all'ordine e a una pittura il più possibile pulita e calibrata. Abbandonata la forza espressiva del Cerano e del Morazzone, sono Daniele Crespi (da segnalare il suo «Davide placa Saul») e Giuseppe Vermiglio a seguire i dettami del cardinal Borromeo.
Si prosegue con le sale dedicate al colorato barocco di Francesco Cairo e di Carlo Nuvolone, ma è indubbio che una delle tele che colpisce di più la fantasia dello spettatore è la «Madre mendicante con due bambini»”. Potentissimo ritratto di una giovane donna e dei suoi due figli che tremano di freddo, il quadro è opera di anonimo, il cosiddetto Maestro della tela jeans.

La madre veste infatti un'antica (e logora) tela di Genova, il tessuto che darà poi i natali ai moderni blue jeans: c'è passione e compassione in questo dipinto in cui la povertà della famiglia non annienta la dignità delle singole persone.
Chiudono questo percorso tra i gioielli dell'arte lombarda i ritratti nobiliari dei maestri della pittura bergamasca e bresciana: Fra Galgario e Giacomo Ceruti, con le loro tele grandi e raffinate.

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