«It's unbelieveble», ovvero è incredibile. Di più: «È il miglior colpo della mia vita», questo almeno secondo Roger Federer mentre iol tabellone elettronico di Flushing Meadows trasmette il penultimo punto della semifinale vinta contro Novak Djokovic. È il colpo perfetto, quello che riesce una volta ogni tanto, anzi forse una volta sola e per qualcuno anche mai: recupero dopo un pallonetto dell'avversario e passante sotto le gambe, violento, preciso, implacabile. Perfetto appunto.
Il colpo della vita è la buca in uno del golf, la rovesciata nell'angolino, il canestro dall'altra parte del campo. È l'arte fatta sport che solo i geni possono trasmettere e lui, Roger, è il genio del tennis, numero uno forse di sempre arrivato alla sesta finale consecutiva agli US Open. E le altre cinque le ha vinte tutte. Però, per un giorno, non è la storia, il suo record personale a parlare. È quel colpo, la racchetta tra le gambe mentre lui è spalle alla rete, la palla che passa e Djokovic che guarda sconsolato. Un saltello, un'esultanza, la consapevolezza che quello che è è stato in quel momento resterà per sempre.
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