"Coltellate e il buio. Ma l'ho preso". Ecco il racconto del poliziotto eroe

Christian Di Martino fu quasi ucciso da Hassine Hamis, clandestino con precedenti. Così lo bloccò nonostante le ferite mortali. E adesso sta per tornare in servizio

"Coltellate e il buio. Ma l'ho preso". Ecco il racconto del poliziotto eroe
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«Eravamo faccia a faccia, molto repentinamente rispetto al momento in cui l'ho afferrato, ho sentito un primo colpo molto violento all'altezza del fianco destro, per la precisione nella zona lombare destra. Il fendente che mi è stato inferto mi ha causato un forte dolore e bruciore, motivo per il quale ho capito subito che non si trattava di un semplice pugno ma ero stato attinto da un'arma da taglio». Il coltello impugnato da Hassine Hamis, oltre venti centimetri di lama, affonda nella schiena del vice ispettore Christian Di Martino.

«Immediatamente - continua il racconto del poliziotto - ho sentito un secondo colpo infertomi sempre nella mia parte posteriore destra ma, questa volta, in una posizione più alta, diciamo sulla parte dorsale»: è la coltellata che raggiunge il rene destro, organo che poi i chirurghi saranno costretti ad asportare. «Ho accusato ennesimo dolore e bruciore, nonché una sensazione di mancamento, pertanto ho leggermente allentato la presa sul soggetto. Quest'ultimo si è divincolato cercando di allontanarsi da me, riprendendo a correre sulla massicciata». Nonostante le due coltellate quasi mortali Di Martino si rialza: «Ho quindi ripreso a seguirlo e, pochi metri dopo, l'ho raggiunto e l'ho sgambettato facendolo cadere in terra a faccia in giù. Una volta caduto sulla massicciata, mi sono gettato su di lui bloccandolo definitivamente e, proprio in quell'istante, sono sopraggiunti gli altri miei colleghi in mio ausilio». Solo qui l'agente molla la presa: «Mi sono defilato lasciando operare i miei colleghi e sono rimasto sdraiato sulla massicciata indebolito dai fendenti ricevuti. Mi sono quindi controllato la schiena toccandomi con la mano e mi sono avveduto che stavo perdendo molto sangue, pertanto ho chiesto aiuto e soccorso».

Giovedì 8 maggio sarà trascorso un anno dalla sera in cui alla stazione di Lambrate Hamis, marocchino con precedenti penali e irregolare in Italia, ha quasi ucciso Di Martino. Il vice ispettore, capo equipaggio della Volante «Zara», era intervenuto con altri agenti per bloccare il 37enne che lanciava sassi contro i treni e i passanti. Una grossa pietra ha anche colpito alla tempia una donna che camminava in via Viotti. E due colleghi di Di Martino sono rimasti feriti in modo lieve. In un primo momento il vice ispettore, nato a Ischia 35 anni fa, ha provato a placare Hamis, esagitato e sotto l'effetto di alcol e farmaci: «Siamo della polizia, calmati, vogliamo aiutarti. Guarda che ho la pistola laser, eccola qui». Usa il Taser, ma senza successo. Quando si avventa sul 37enne e lo butta a terra, non sa che nasconde un grosso coltello da cucina nella manica.

Di Martino si salva solo grazie ai colleghi che disarmano Hamis e all'intervento d'urgenza del Trauma Team del Niguarda. Sotto i ferri il suo cuore si ferma quattro volte, i medici gli trasfondono cento unità di sangue. Tra pochi giorni - è quello che spera - tornerà in servizio. Nel frattempo, lo scorso gennaio, il gup Silvia Perrucci ha condannato con il rito abbreviato il marocchino, difeso dall'avvocato Tiziana Bacicca, a 12 anni e due mesi di carcere per tentato omicidio e altri reati. La sentenza è diventata definitiva, perché non ci sono stati ricorsi in appello. Di Martino si è costituito parte civile, assistito dall'avvocato Massimo Del Confetto. Il suo racconto di quei minuti drammatici è riportato nelle motivazioni della condanna.

Negli atti del processo sono tra l'altro riportati i 22 alias che Hamis ha usato le numerose volte che è stato controllato, tra il 2020 e il 2024. Sempre nomi diversi, date e luoghi di nascita differenti: Marocco, ma anche Palestina, Egitto, Israele.

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