COM’È FACILE L’INSULTO ANONIMO

COM’È FACILE L’INSULTO ANONIMO

Caro anonimo, evidentemente siamo davvero troppo generosi con tutti se concediamo spazio anche a lei e ai suoi pensieri. Che, come sempre, non censuriamo neppure di una riga.
Inutile dirle che condivido poco o nulla di quello che scrive, soprattutto su Paolo Mantovani, l’uomo che portò nel calcio italiano la signorilità e l’educazione dei tifosi. E lascio ai lettori giudicare lo stile di chi se la prende con un morto coprendosi dietro l’anonimato. Ognuno ha il suo stile e lei ha il suo.
Ovviamente lei è libero di pensarla in modo diverso da me sul Genoa e sui suoi dirigenti, su Bisio e persino sull’aria condizionata. Alla faccia delle autocelebrazioni, abbiamo sempre accettato le critiche, pubblicando ogni riga contro di noi, addirittura come articolo di fondo (è il caso, ad esempio, di una durissima lettera di accuse di Dario Cotella, persona seria e perbene, che ci ha messo la faccia). E poi ci sono anonimi per affetto: ce n’è uno che ci scrive tutti i giorni con suggerimenti e idee, molte delle quali impraticabili, ma comunque tutte ispirate dal cuore. Lo leggiamo sempre e lo ringraziamo.
Ci piace meno, invece, un altro genere di anonimi. Quelli che hanno mandato decine lettere-fotocopia tramite un sito di tifosi genoani per dire che non avrebbero più letto il Giornale, ma dimenticandosi di dire che non lo leggevano mai. Oppure, quelli che ci criticavano e a cui abbiamo risposto personalmente, salvo poi scoprire che avevano dato indirizzi falsi, tanto che il postino ci ha restituito le lettere con la dizione «il destinatario è sconosciuto» (ne pubblichiamo una qui sopra). O, ancora, quelli che sono insorti contro l’arte e contro Bisio - a difendere la censura di centrodestra - sempre e solo con la copertura dell’anonimato. Visto che lei è un fedele lettore, sa benissimo che su queste pagine le idee diverse sono le benvenute. Ma sa anche che le battaglie le combattiamo a viso aperto, mettendoci la faccia.
Lascio a lei i giudizi su «ignoranza e stupidità», così come lascio a lei i giudizi sugli «iettatori». Non ho mai pensato che la iella fosse una categoria della politica, nemmeno quando veniva appiccicata al nome di Claudio Burlando da parte di qualche esponente della Casa delle libertà (di dire sciocchezze).

Continuo a pensare invece che denunciare i pericoli per cercare di sventarli, sia meglio che dire «tutto va bene», salvo poi trovarsi nel burrone.
Se ci ripensa e sceglie di uscire dal burrone, abbiamo pronto per lei il vitello grasso. La aspettiamo.

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