Com'è misera la vita senza ideali (e amore)

Torna il magistrale e dimenticato romanzo dello scrittore «maledetto»

Com'è misera la vita senza ideali (e amore)

Quel giorno Yves doveva dare l'esame di diritto. Avrebbe anche conosciuto i risultati di quello di scienze politiche. Mentre stava lavandosi e vestendosi, io ero sveglia ed ascoltavo con attenzione ogni rumore che proveniva dalla stanza da bagno che si trovava fra le nostre due camerette. Sapevo che voleva uscire senza salutarmi, ma appena ebbe chiuso la porta di casa corsi alla finestra della stanza da pranzo. Aveva (...)

(...) infilato il suo vestito migliore (ne possedeva soltanto tre) e le scarpe nuove che si era comprato chissà come. Mi vide subito, ma fece finta di niente e voltò il capo: camminava come un automa. Sarebbe dovuto ritornare a casa pressappoco verso le quattro del pomeriggio. Ma alle otto di sera non si era ancora fatto vivo.

***

Intanto papà era rientrato con la sua solita aria stanca e apatica. Ora finalmente riuscivo a capire il ritmo ossessionante che reggeva le sue giornate. Papà ritornava a casa dalla moglie che ormai non amava più, guardava distrattamente i figli di questa donna, pensava all'altra che lo stava aspettando in un'altra casa e si trascinava dietro qualche segreto simile a quello che lo angustiava in quei giorni. E adesso, che cosa gli avrebbe detto la mamma? Con quale spillo lo avrebbe punto? Avrebbe dovuto adoperare un coltello invece dei soliti spilli. Ah, la sua vecchia tosse da fumatore! La tosse di papà, il naso della mamma. Ci trovavamo in sala da pranzo intorno al tavolo. Aspettavo Yves con impazienza. Suonarono alla porta: era mio fratello. Era la prima volta che lo vedevo con quell'espressione da ragazzo sperduto e smarrito. Mi slanciai verso di lui e lo strinsi fra le braccia mentre papà e mamma, alzatisi da tavola, stavano seguendomi. Yves si mise ad urlare: «Sono stato bocciato in tutto». «Come in tutto?». Eravamo sorpresi perché i suoi compagni di scuola erano certi che sarebbe stato il primo del corso agli esami finali di scienze politiche. «Su, spiegaci per bene.» «In diritto, naturalmente», disse lui debolmente. «Non sapevo nulla, non ho mai studiato una riga. Quanto a scienze politiche, ho fatto un brutto scritto di diritto internazionale, sempre il solito diritto. Credevo di salvarmi con la storia. Sapevo moltissime cose, ma pare che la mia relazione sia stata giudicata mal scritta e disordinata.» La mamma si era messa a piangere in un angolo della stanza. Papà, come al solito, aveva cominciato a parlare di sfortuna, di malevolenza eccetera eccetera. «Ma no», rispose Yves. «Sono sei mesi che non studio più niente. Sono un pigro, un buono a nulla.» Yves balbettava con un tono di voce basso. Che cosa sarebbe successo quando avrebbe conosciuto la storia dei Maindron? Mi immaginavo il sorriso coraggioso di Emmy spegnersi e cancellarsi per sempre. Camminavo dietro di lui con un'aria da automa. Papà declamava: «Che vuoi farci, ragazzo mio? Nella vita ci sono dei periodi sfortunati. Prima o poi tocca a tutti.

Ma io conosco molto bene il valore di mio figlio. Domani andrò a trovare il direttore della scuola. E chiederò a quegli imbecilli come stanno le cose». Stava trionfando: anche noi scendevamo finalmente al suo livello.

Pierre Drieu La Rochelle

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