Roma - Puntuali come ogni anno sono arrivati i fischi. A Bologna, il 2 agosto, scrosciano le contestazioni: un diluvio se al governo c’è il centrodestra; un rovescio se c’è il centrosinistra. In passato sono stati colpiti Tremonti, Casini, Rotondi, ma anche Amato e Cofferati. Ieri invece è toccato a Bondi. Il 29° anniversario della strage alla stazione, 85 morti e oltre 200 feriti, ha così rispettato la tradizione come il torrone a Natale. E chissenefrega se dal Palazzo molti avevano auspicato che fosse «il giorno del doloroso ricordo e non delle polemiche».
I «buuu» hanno risuonato tanto che appena il ministro per i Beni culturali ha cominciato a parlare, la piazza gli ha tappato la bocca. Lui, dal palco, ha provato a reagire: «Così non rispettate il senso della commemorazione - ha gridato nel microfono -. Io vengo dal paese di San Terenzio Bardine (luogo di una strage nazifascista nel 1944). Lì sono morte 400 persone e so cosa vuol dire la democrazia e la dignità». Come se non avesse detto nulla: il ministro censurato è stato costretto a lasciare il palco. «È il segno che l’odio politico e ideologico è ancora profondo nel nostro Paese», l’amara riflessione di Bondi.
rima di lui sul podio di piazza Medaglie d’Oro, s’erano dati il cambio il sindaco di Bologna Flavio Delbono e il presidente dell’Associazione familiari delle vittime della strage Paolo Bolognesi. Il primo ha auspicato una revisione della liturgia del 2 agosto: «È il momento di ripensare le cerimonie, in modo che i valori che queste rappresentano non finiscano nel dimenticatoio». Il secondo ha invece condannato la cagnara della piazza: «Questa non è una giornata per fischiare, ma bisogna ascoltare in silenzio quello che dice il governo». Consueti pure i messaggi delle più alte cariche dello Stato. Per il capo dello Stato Giorgio Napolitano occorre che sulla strage «prosegua una riflessione collettiva»; per il presidente del Senato Schifani «il ricordo delle vittime deve promuovere una rinnovata coscienza democratica»; per quello della Camera Fini «il dovere delle istituzioni è quello di accertare la verità in tutti i suoi aspetti»; mentre per il premier Berlusconi «la strage, tragedia viva nella memoria degli italiani, provoca sdegno e condanna di ogni forma di violenza e di terrore».
Uno accanto all’altro, nel corteo, anche i due big del Pd, Dario Franceschini e Pierluigi Bersani, per una volta concordi nel biasimare gli schiamazzi: «Dispiace, è sempre un giorno carico di tensione perché la ferita è ancora aperta», ha commentato Bersani. «Mi spiace, d’altronde è sempre una piazza molto carica di tensione», dice come un trasferello Franceschini. Anche il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa non avrebbe voluto sentire i soliti fischi: «Le critiche al governo si possono rivolgere in tante circostanze ma in giornate come queste deve prevalere il rispetto e l’unità nazionale».
Chi spariglia è invece Daniele Capezzone che ha tirato in ballo Mambro e Fioravanti, ritenuti esecutori materiali della strage.
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