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Il conformismo triste dell'Eurovision fluido

I look dei cantanti dell'Eurovision? Ma basta, è davvero ora di finirla con questo puritanesimo

Il conformismo triste dell'Eurovision fluido

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Il conformismo triste dell'Eurovision fluido

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I look dei cantanti dell'Eurovision? Ma basta, è davvero ora di finirla con questo puritanesimo. Non se ne può più di retrogradi ancorati a stereotipi da riproporre sempre identici. Perché la verità è che i bigotti sono loro. Gente che si ostina a salire su un palco con la gonnellina al posto dei pantaloni e magari un reggiseno per sbatterci in faccia una pretesa sessualità non binaria. Nessuno scandalo, ma quanta noia nel vedere i soliti uomini con i collant rosa cipria e la faccia truccata non da donna, ma da baraccona. Come per lo svizzero Nemo che pure non ha cantato una brutta canzone e forse avrebbe vinto anche senza utilizzare un costume da prima Comunione che ricordava più i manga che i diritti gay. Ma davvero l'irlandese Bambie Thig pensa di scandalizzarci con la setta di stregoneria neopagana per dare un senso al metal satanico del suo Doomsday Blue? Hanno mai ascoltato Mondo Bondage o visto uno spettacolo dei Tubes negli anni Settanta gli inglesi che hanno inscenato con drammatico ritardo qualcosa di simile a un soft porno? Così come quanto era inascoltabile la Spagna con la colonna sonora al teatrino a tre di Mery Bas con i figuranti barbuti in guêpière e tacchi a spillo il cui feticismo è rivoluzionario come una mozzarella sulla pizza. Mai sentito parlare di Lou Reed, David Bovie o Freddie Mercury? Poveri cristi. Costretti al carnevale di una notte per travestirsi da trasgressivi, lasciando ai raggi dell'alba il compito di sciogliere i ceroni per restituirli alla loro nullità creativa. Perché il problema non è choccare, ma saperlo fare. La trasgressione è frutto di genio, è l'anima dell'arte e della filosofia, ma anche della scienza prima che dello spettacolo. L'umanità progredisce per trasgressioni e allora quanto genio ci vuole per farlo. E i pataccari si riconoscono subito. Quanto genio c'era in Renato Zero con i suoi triangoli e travestimenti, quelli sì dirompenti in una società presidiata da democristiani, comunisti e post fascisti che su morale e costumi la pensavano tutti allo stesso modo. E sulla sessualità libera, a questi saltimbanchi andrebbe detto che il modo migliore non è svenderli a case discografiche e produttori tivù che su di loro lucrano, prima di buttarli come un kleenex a stagione finita. E magari, visto che dello stereotipo fa parte anche l'essere di sinistra, raccontiamo loro che durante il Fascismo anche al governo c'erano fior di omosessuali in giacca e cravatta. Che il sesso più libero, sfrenato e liquido lo praticarono i legionari a Fiume con Gabriele D'Annunzio, che l'icona dell'estetica omosex è Yukio Mishima fotografato da San Sebastiano trafitto. Certo, bisognerebbe studiare.

E un dito di trucco non basta a coprire il conformismo di questi anticonformisti da avanspettacolo.

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