di Sergio Rotondo
Per la prima volta dopo tanti anni e tante elezioni, nei seggi milanesi non ci sarà il problema degli scrutatori. Anzi, alla inevitabile e lunga lista dei rinunciatari ha replicato un vero e proprio boom di richieste, soprattutto da parte di giovani. Cè chi ha visto, o ha voluto vedere, in questa corsa un ritorno dinteresse verso la politica, un rinnovato amore per la dinamica democratica.
Prosaicamente, molto più prosaicamente, penso che questo boom di domande sia la conseguenza della crisi economica che, seppur alle spalle, ha lasciato una coda velenosa che, soprattutto nei ceti più deboli, continua a farsi sentire. I 120 euro con cui vengono pagati gli scrutatori (150 per i presidenti di seggio) non cambiano certo le sorti economiche di chicchessia ma in un momento di congiuntura possono comunque far comodo, soprattutto ai giovani disoccupati e agli studenti, le due categorie da cui, guarda caso, arrivano il maggior numero delle domande. La tendenza è del resto ampiamente confermata dalle abbondanti nevicate di questinverno quando, contrariamente agli anni passati, non cè mai stato alcun problema nel reclutare gli spalatori: non soltanto le richieste erano nettamente superiori alle offerte ma, soprattutto, erano tanti gli italiani disponibili a sgomberare le strade dalla neve mentre, in precedenza, si trattava quasi esclusivamente di extracomunitari.
Sarei dunque molto cauto nel parlare di un ritorno di fiamma nei confronti della politica. Se così fosse, non ci sarebbe del resto bisogno dei numerosi inviti a non disertare i seggi che si levano da più parti: i politici, che in questi casi diventano estremamente sensibili, hanno evidentemente capito che invece il distacco sta raggiungendo picchi preoccupanti e che un elevato astensionismo sarebbe una sconfitta per tutti loro, indipendentemente da come andranno le elezioni. Che sono sì amministrative ma che, sia dal centrodestra sia dal centrosinistra, vengono comunque considerate importantissime sul piano politico; insomma, come succede da tempo in Italia, sono una vera e propria conta per vedere chi sta di qua e chi di là.
È un meccanismo da cui ormai è difficile uscire e di cui non si può non tenere conto anche se, teoricamente, qua a Milano, e in Lombardia più in generale, dovrebbe essere meno sentito: la scelta di campo per la presidenza della Regione, è infatti tra un Formigoni che in tre legislature ha dimostrato le sue capacità e di amministratore e di uomo di governo e un Penati che come presidente della Provincia non si può certo dire che abbia dimostrato grandi abilità.
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