di Franco Ordine
È vero, il Ka-Pa-Ro, se innescato nel modo giusto, può essere un'arma letale per il Milan. È vero, Kakà si lascia ammirare per una striscia di recuperi che ne segnalano generosità e disponibilità purissima ma poi non bisogna processarlo se nell'inseguire il suo numero preferito, puntare dritto per dritto l'area di rigore, tradisce scarsa lucidità. È vero, col passare delle domeniche, le imprese balistiche di Ronaldinho diventano una specie di assicurazione sulla rincorsa all'Inter leader del campionato: la sua punizione di ieri è un vero arcobaleno imprendibile per qualsiasi portiere.
Ma c'è bisogno anche di altro per reggere le cadenze dell'armata di Mourinho e per immaginarsi concretamente il rivale numero uno di Ibrahimovic. A cominciare da una migliore tenuta di centrocampo e difesa sugli attacchi a testa bassa del Toro. E qui non è una questione aperta dalla ridotta garanzia di Kaladze, o dai tormenti di Bonera saltato puntualmente da Rosina o ancora dall'età di Maldini scoperta al rientro.
Funziona poco il filtro rossonero e forse non è un caso se il tutto coincide col ritorno di Pirlo dopo lunga assenza. Se a far da scudo, davanti ad Abbiati c'è Gattuso, la consistenza della trincea milanista è diversa. Se invece c'è Pirlo e al suo fianco c'è solo Gattuso, allora il deficit diventa tanto evidente quanto imbarazzante. E non basta l'arrivo di Shevchenko dalla panchina per rimettere in ordine i conti del Milan in trasferta, a secco di successi (due lampi, a Reggio Calabria e Bergamo) da troppo tempo per non pagarne lo scotto e non sentirsi nel mirino di una campagna di stampa all'incontrario.
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