di Paolo Bracalini
Ma chi ha incastrato Roger Gianfry? Nel momento di massimo moralismo istituzionale, pronti a puntellare la maggioranza su questioni di «opportunità etica e politica», la faccenda della casa a Montecarlo non ci voleva proprio. Qualcuno gli ha tirato un brutto tiro, un tiro mancino, proprio a lui che è (era) di destra. Non ne sapeva nulla, e quel che è peggio è proprio questo. Nessuno lo ha avvisato, lui che allepoca era leader di An, lui che poi sta con la sorella dellinquilino dellappartamento monegasco, il Tulliani. Solo ieri, dopo una dozzina di giorni, Fini ha nominato la questione della casa, solo sfiorandola lontanamente, però. «Ben vengano le indagini su tutto ciò che concerne il patrimonio di An, anche se la denunzia proviene da avversari politici», ha detto. Qui lindagine però riguarda una casa in particolare, quella di Montecarlo, e un contratto di affitto in particolare, quello del «cognato» Tulliani, passato attraverso un sistema di scatole cinesi allocate in altrettanti paradisi fiscali. Non proprio lo scenario più azzeccato per intavolare il nuovo partito della giustizia costituzionale.
Qui qualcuno gioca sporco, per screditare il leader di Futuro e libertà. Un colpo basso di Gaucci? Un passo falso della compagna e del «cognato», inesperti di tatticismi politici? Una polpetta avvelenata preparata da qualche ex fidato? Uno scivolone micidiale di qualche tesoriere avventuroso? Chissà. Lunico monte che doveva appartenere alla galassia finiana era Montecitorio, non certo Montecarlo. Invece adesso si intrecciano storie private, il rapporto con Elisabetta Tulliani e la sua famiglia, e storie pubbliche. Sempre sullorlo dellimbarazzo. Il passato ritorna, al momento meno opportuno. Torna anche il precedente compagno della Tulliani, Gaucci ex patron del Perugia, e poi il precedente ancora, il figlio di Gaucci patron del Perugia. E poi le circostanze cinematografiche del colpo di fulmine tra Fini e la Tulliani, raccontate meravigliosamente dallo stesso Gaucci in un libro intervista. «Fu una mattina di primavera. Stavo passeggiando insieme a Elisabetta vicino Montecitorio per fare delle spese nella galleria. A un certo punto incrociammo con lo sguardo lonorevole Fini che stava uscendo dal Parlamento, dallaltra parte della strada. Allora anche lui ci vide e siccome mi conosceva, senza curarsi del traffico, attraversò con tutta la scorta via del Corso, fermandosi quasi al centro della carreggiata per salutarci e abbracciarci. Meglio, per salutare e abbracciare lei! Mi ricordo che le macchine suonavano allimpazzata i clacson, perché quelli della scorta avevamo bloccato tutto; i due però non si facevano infastidì da niente.
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