Il commento Chi risarcirà la polizia?

Ormai è una specie di genere letterario, con giornalisti specializzati nell’esercizio: i risarcimenti in ritardo per i manifestanti colpiti ingiustamente dalle forze dell’ordine durante il G8.
Perfetto. Oggi, però, mi piacerebbe parlare di un altro risarcimento. Ed è quello che meritano gli agenti genovesi - e in particolare quelli della polizia, ma anche carabinieri e finanzieri - per le campagne di cui sono stati oggetto, spesso senza avere altra colpa se non quella di indossare una divisa. Che, a Genova, per molti - come dimostrano anche i fatti di questi ultimi giorni e la gravissima aggressione di ieri ai consiglieri municipali colpevoli solo di cancellare le scritte ingiuriose sui muri, di cui vi raccontiamo sia su queste pagine, sia in quelle nazionali - è comunque una colpa grave.
Una colpa che vogliamo condividere con quei ragazzi con la divisa. E così, come abbiamo solidarizzato con gli agenti accusati di essere tutti volgari picchiatori durante il G8 (ovviamente censurando coloro che hanno davvero disonorato la divisa, una piccola minoranza, però), ci piace raccontare oggi come è finita una serie di episodi che avevano fatto finire sui giornali la questura di Genova, descritta come il covo della Banda Bassotti o giù di lì.
Si andava dai poliziotti violentatori di prostitute, a quelli colpevoli di falso ideologico, a quelli che mangiavano pane e cocaina. Alcuni di loro (davvero colpevoli) finirono addirittura sul più autorevole quotidiano nazionale in prima pagina, con tanto di citazioni del Cattivo tenente. Dopo qualche mese, ci finì pure Patrizia D’Addario, aprendo qualche dubbio sull’autorevolezza.
Ecco, in pochi giorni sono successe queste cose: le accusatrici dei violentatori sono state coinvolte in un’altra storiaccia di sfruttamento della prostituzione; gli accusati di falso ideologico sono stati assolti e l’esito delle prime ispezioni in questura sugli agenti che sniffavano ha certificato che si tratta di «fatti isolati, non sintomatici di una deriva generalizzata o di controlli particolarmente carenti». Insomma, la storia di mele marce, che però non coinvolge nè l’intera questura di Genova, nè tantomeno tutta la polizia, nè men che meno tutte le forze dell’ordine.
Ricordo, in quei giorni, titoloni e locandine in cui sembrava che la polizia fosse tutta marcia.

Ricordo anche che, da solo, il Giornale difese gli agenti e un gentiluomo come il questore Salvatore Presenti.
Come sempre, sono felice del fatto che - messi di fronte alla scelta fra guardie e ladri - abbiamo scelto le guardie.

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