Non è solo il salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale pieno, in un afoso giovedì di fine giugno. Non è solo la possibilità regalata ai genovesi di assistere a Katyn, il capolavoro clandestino di Andrzej Wajda che il meccanismo della distribuzione cinematografica ha cancellato dalle sale, trasformandolo in un samizdat, in un film quasi clandestino. Non è solo una serata di omaggio commosso e commovente - io stesso avevo un groppo in gola - alle vittime di tutti i totalitarismi, di tutti i colori, quello rosso e quello nero. E non è nemmeno solo una bandiera della lotta per cercare la verità, per non inchinarsi alle versioni di comodo, pronti a dare la vita per non cancellare la memoria.
Certo, Katyn è tutto questo. (A proposito, in una delle notti a Palazzo Grazioli e a Villa Certosa, pare che Silvio Berlusconi abbia proiettato anche questo film; sarà unaggravante per linchiesta?). Ma la sera genovese di Katyn significa anche di più.
Significa la caduta di un muro, come spiega qui a fianco Mario Bozzi Sentieri. Significa, soprattutto, la possibilità di arricchimento reciproco per chi si sforza di volare alto anzichè razzolare nel guano quotidiano. Significa la vittoria della forza delle idee.
Innanzitutto, quelle dei lettori del Giornale. Appena abbiamo chiesto alle istituzioni di programmarlo pubblicamente, Luca Borzani, presidente di Palazzo Ducale, ha immediatamente accettato. E questo testimonia a favore della sua onestà intellettuale e della capacità con cui da uomo di sinistra incarna il suo ruolo, ma anche della forza della nostra-vostra comunità e del popolo del Giornale. Sempre più imprescindibile per la vita culturale e direi anche civile di Genova.
Proprio per questo ringrazio, oltre ovviamente a Borzani, anche tutti voi che ceravate e mi avete chiesto dove acquistare il dvd (proveremo a lavorare per allegarlo al Giornale).
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