Il commento Italia delusa Il palmares (azzeccato) ignora le nostre pellicole

nostro inviato a Venezia

T arantinianissimo. Un verdetto annunciato, prevedibile, logico. Eppure coraggioso. Ci si lambiccava per indovinare qualche sorpresa, qualche bizzarria, la trovata estrema. Invece no. Un palmares quasi perfetto, se non fosse per l’amaro che lascia alla nutritissima delegazione italiana che se ne torna a casa a bocca asciutta. Uno smacco, quasi una mortificazione per i nostri autori. Ignorati. Quattro film in concorso e una giuria con due componenti di casa su sette: totale, zero premi. Evidentemente il nostro cinema è ancora incapace di farsi comprendere fuori confine, di proporsi a livello internazionale. Qualcosa si era capito con l’indifferenza della critica straniera nei confronti dei nostri film in gara. Toccherà riflettere.
Discutibili le scelte per le Coppe Volpi come migliore attrice ad Ariane Labed, protagonista del greco Attenberg, e all’ineffabile Vincent Gallo come miglior attore in Essential Killing. Ma sui Leoni più ambiti Tarantino non ha tradito. Leone d’oro a Sofia Coppola, Leone d’argento (premio della regia) ad Alex de la Iglesia. Il film più bello e quello più vicino al cinema di Quentin. Una storia esistenziale e un’altra tutta carnale.
Presentato il terzo giorno, Somewhere è stato il vero protagonista di questa edizione. È piaciuto quasi a tutti, da Repubblica al Foglio, da Rai Movie a, ovviamente, Medusa che l’ha prodotto e distribuito. Dopo Somewhere al Lido sono arrivati Post mortem, Le fossé e Venus noire, le pellicole del cinismo corporeo che, spalancando un nuovo territorio narrativo, hanno certamente lasciato un segno in questa 67ma edizione della Mostra.
E forse anche oltre. Ma alla fine, dopo le digressioni sociologiche e i tentativi di analisi, anche nei tavoli dei giornalisti e tra gli addetti ai lavori, si tornava a parlare del film della Coppola: una storia di redenzione ambientata a Hollywood, l’innocenza di una figlia undicenne che interroga la dissoluzione di un padre di successo. Onore a Tarantino al quale non ha fatto velo il passato legame con la regista alla quale la giuria ha attribuito «all’unanimità» il Leone d’oro. Per completare l'opera, Quentin ha voluto anche la menzione speciale per l'inisme dell’opera a Monte Hellman, suo scopritore e produttore esecutivo delle Iene.
Infine, il Leone speciale della giuria a Alex de la Iglesia per il suo Balada triste de trumpeta: la storia, ambientata nella Spagna franchista, di un clown triste che per amore si ribella al suo destino di perdente, trasformandosi in violento assassino.

Il più tarantiniano dei film: visionario, eccessivo, pieno di citazioni, truculento nelle sue esagerazioni. L’opera in cui due rivali per amore combattono la loro guerra con il volto deturpato, sfigurato, coperto di cicatrici senza che la loro amata ne sia in qualche modo scalfita.

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