Il commento L’accendino non è una P38, lasciateci almeno l’ora d’aria

di Daniele Abbiati

Per qualcuno la proprietà privata è peggio che un furto: è un attentato alla salute pubblica. E lo è anche quando il bene posseduto dal pericoloso terrorista non è una villa da mille metri quadrati, o un cinema di prima visione, o un parco macchine fatto di fuoriserie, ma un corpo più o meno funzionante (magari con i polmoni tendenti al grigio...) dotato di due gambe e di una bocca in cui infilare, a piacere (sì, a piacere, cari signori), una sigaretta, o un sigaro oppure una pipa accesi.
Probabilmente Martin Luther King non fumava, ma certo esagerò in ottimismo dicendo «la mia libertà finisce dove incomincia la vostra». Perché la nostra, di libertà, non essendo incominciata, non può nemmeno finire. «Nostra» di noi fumatori, intendiamo. Ci hanno, giustamente (lo ripetiamo, cari signori: giustamente), espulsi dai luoghi pubblici e di lavoro, affidando i nostri rigurgiti di tabagismo alla magnanimità di baristi, ristoratori e colleghi. Ci hanno, ingiustamente questa volta, esposti al ludibrio, pubblico e privato, dei salutisti di ogni ordine e grado. E ci guardano ancor oggi, dopo anni, ormai, di interdizione, con occhi fra il pietoso e il disgustato non appena osiamo metter mano all’accendino, nemmeno fosse una P38. Le toilette dei treni e delle scuole, i balconi degli uffici, i cortili deserti, gli sgabuzzini puzzolenti ma dotati di finestrella, insomma, le terre di nessuno sono gli avamposti dove combattere la battaglia di una lenta (almeno si spera) autodistruzione. Non hanno capito che anche noi, nonostante le apparenze, siamo persone come le altre. Che anche noi abbiamo un cuore, pur se leggermente incatramato.
Per esempio, che cosa credete? Anche a noi, ogni tanto, piace fare una passeggiata nel parco. Specie in questo periodo, nella bella stagione, sapeste com’è bello andare a zonzo in compagnia di un bel toscano! Nel senso delle foglie non conciate di tipo Kentucky, ovviamente, ci mancherebbe... E invece no, i crociati che non si fumano le bionde, ma il cervello vorrebbero privarci anche di questa che è ormai l’estrema frontiera cittadina dove respirare in santa pace un’insana boccata d’aria fresca. Magari il bimbetto che gioca a palla, o la ragazzina che fa jogging, o il pensionato che legge il giornale su una panchina sono a cento metri da noi, piccole Chernobyl ambulanti. Magari siamo anche soli con i nostri pensieri e gli uccellini ci svolazzano intorno come a San Francesco.

Non importa: via, sciò, fuori di qui (da dove, visto che siamo all’aperto?) gridano i ghostbuster della nicotina, senza nemmeno il filtro di un po’ di buonsenso. Che cosa vi abbiamo fatto di male per schiacciarci come mozziconi nel posacenere delle vostre coscienze? Volete spegnerci anche l’unica fiammella di speranza in un futuro peggiore? Fate pure. Ci rivediamo all’inferno.

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