Il commento L’assistenza senza perdersi in chiacchiere

La badante, un tavolino accanto, cinquantenne, forse ucraina con spalle enormi, infila calma con dita da lottatrice i pezzi di ciambella nella bocca vorace dell’anziano. Costui rincitrullito, è ancora però abbastanza in sé da esserne compiaciuto: ride. E questa immagine da bar è certo quella dell’economia più ingenua, provvida, che imbocca, distribuisce, provvede al più debole nella più arcaica delle maniere. Ma parrebbe perciò così distante, e poco seria per iniziare un discorso d’economia soprattutto in confronto ai solenni discorsi degli ultimi mesi. Quelli che hanno così a lungo occupato le tesi del ministero dell’Economia sulla nuova Bretton Woods, o sull’economia sociale di mercato. E invece questa immagine elementare, ma con la quale purtroppo non pochi in Italia hanno a che fare, si presterebbe a parlare, per esempio di economia sociale di mercato, in maniera meno vaga e inutile di quanto si è fatto finora.
Il guaio di questi anziani da seguire è quasi universale in una nazione come la nostra del tutto ormai senile. Perché di fatto un sistema di assistenza statale lascia le famiglie sole, e quindi genera per necessità afflussi di migranti finora incomprimibili. E non dovrebbe dirsi allora davvero sociale e al contempo economico aiutare il formarsi di un mutualismo assistenziale? Dotando per esempio gruppi di cittadini, cooperative o mutue locali di un patrimonio ogni volta bastante ad aiutare, e organizzare meglio l’assistenza degli anziani. Si pensi solo alla enorme mano morta di ogni genere di patrimoni che nelle mani degli enti locali si allarga solo diventando sempre più nociva, e fonte di ulteriori spese. Ma non sarebbe allora un perfetto gesto di economia sociale di mercato vivificare questi patrimoni, darli in uso, a degli intenti solidali che finalmente non sarebbe lo Stato e la sua inetta burocrazia a organizzare?
La produttività della nostra robusta badante ucraina in una casa per anziani di questo genere, pubblica ma non statale, di molto aumenterebbe. E la vecchiaia futura di tutti ne sarebbe confortata. Adesso la scelta è tra strutture private non si sa se più costose o scostanti e un’assistenza da oikonomia omerica, di badanti. Vi potrebbe invece essere nella maniera sopradetta un’altra scelta più sensata. Con essa la spesa delle famiglie sarebbe aiutata dagli immobili o quote delle municipalizzate date in dote ad un’associazione. Il costo per lo Stato sarebbe quasi nullo, ma crescerebbe una solidarietà cosciente e voluta tra i cittadini. Un esito di civiltà, al quale il governo potrebbe e dovrebbe applicarsi.
Perché è un bene col nostro debito aver salvato i conti meglio di tanti altri in Europa. Ma per spostare fondi da una qualche voce del bilancio statale ai disoccupati non c’era forse bisogno di tirare in ballo degli arcaici economisti del Baden-Württemberg. E la gente soprattutto ha un gran bisogno d’essere aiutata a creare soluzioni sociali con concretezza. Meglio discendere dai solenni comitati per la nuova Bretton Wood, già ormai dimenticati a memoria, a soluzioni concrete. Quelle stesse che potrebbero applicarsi alla scuola per esempio, evitando i difetti dello statalismo e della venalità dei privati. In anni come questi, nei quali i soldi da spendere saranno sempre meno per tutti, Stato compreso, le riforme migliori sono quelle della mentalità economica.

E un’economia sociale di mercato vera può divenirne un lievito straordinario. Ma a patto che divenga vera, come la ciambella che la badante intinge nel cappuccino e infila ora sempre più calma, nella bocca di questo italiano tornato inerme bambino.

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