Leggi il settimanale

Il commento Meglio il cranio lucido, simbolo di energia

Se, come dice Tremonti, l’austerità è il nostro presente e il nostro futuro, allora sarà meglio lasciar perdere toupet e riporti, boccoli e chiome maschili esageratamente fluenti, specie se avanti negli anni. Perché i tempi dell’austerità sono sempre stati per gli uomini quelli delle teste rasate o quasi, quelle dei monaci e dei soldati, dei meditatori e dei guerrieri.
Saprà il giudice Marra (ad esempio) se dimettersi o no, però sicuramente azzerare il suo riporto gli darebbe un aspetto più al passo coi tempi. La persona non c’entra, il fatto è che un cranio lucido rimanda alla trasparenza, alla pulizia, che è appunto sorella dell’austerità fortemente richiesta dal nostro zar valtellinese dell’economia. Anche Denis Verdini potrebbe anche non dimettersi, però a patto di tagliarsi un bel po’ di tutti quei riccioli bianchi, assolutamente obsoleti in tempi in cui la borsa la tiene appunto Tremonti, e chi fa più soldi col design è Stefano Dolce, dal cranio lucido come una palla di biliardo. Persino le recenti grane del simpatico Briatore potrebbero (dal punto di vista dello Zeigeist, lo spirito del tempo), ritenersi legate alle sue chiome esagerate: l’invidia degli Dei si esercita anche nei confronti dell’abbondanza tricologica degli uomini, soprattutto quando è stato dichiarato il tempo della penitenza. L’epoca d’oro degli zazzeruti (veri o falsi) è dunque (almeno per ora) finita, assieme all’abbondanza e, soprattutto, alla moda di mostrarla.
D’altra parte non è la prima volta che accade. Benedetto (non il Papa attuale, ma il fondatore del monachesimo, e dell’Europa quando contava davvero), i suoi uomini li voleva rasati a zero, massimo 1-2 millimetri di zazzera. E si capisce, perché nel capello finisce, simbolicamente, l’energia della testa, le idee che vi si stanno formando: questo è appunto, ad esempio, il significato dei capelli nei sogni, immagine delle idee e delle loro energie. Per questo, quando la spia Dalila gli taglia le lunghe treccioline da rasta, il povero Sansone non è più buono a nulla. Quindi, in tempi di abbondanza, crescano pure le chiome maschili, le si attorcigli, le si imboccoli, le si protegga. Senza temere di effemminarsi: il maschile non ha mai contraddetto alla cura del capello, immagine delle idee che vi stanno sotto.
Proprio perché sede dell’energia dell’uomo, soprattutto di quella ideativa e morale, il genere maschile ha sempre però accuratamente regolato la lunghezza e foggia dei capelli, a seconda dei tempi. In epoche di ricchezza e splendore, di Re Sole, si simulino pure (o magari coprano) le idee con vistose parrucche, colorate e perfino incipriate senza risparmio. Quando però occorre non più vivere di rendita ma fondare o rifondare sistemi politici, morali, nazioni e continenti, allora è il momento di tagliare, di radere i capelli. Le idee vanno infatti, in quei tempi di ripensamento, accuratamente tenute dentro la testa, per poterle nutrire, fortificare, prima di tornare di nuovo a esibirle, a spenderle col fluire delle chiome, e i loro vezzi.
Del resto i ragazzi, che su queste cose hanno antenne precisissime, e all’arrivo della ricchezza avevano scandalizzato col capellonismo e i riccioli, adesso hanno lasciato il capello lungo agli ultimi disperati punk, o agli isterici Emo, adottando invece in massa il look 2 millimetri, raccomandato a suo tempo da Benedetto da Norcia e oggi praticato da ogni trend setter che si rispetti.

Non è più il caso di nascondere nulla sotto vistosi riporti. Come in ogni tempo di rigenerazione e inevitabile austerità, il cranio maschile deve risplendere chiaro e luminoso, nutrendo austeramente dentro di sé le idee che costruiranno (speriamo) il domani.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica