Difficile dire quale sia limmagine più efficace del fallimento dellEuropa certificato dalla crisi del Nordafrica. Al poco ambito premio potrebbero partecipare sia le goffe videoconferenze per tentare di mettere ordine allintervento militare in ordine sparso nei confronti della Libia, sia gli stanchi tira e molla per rimandare la soluzione del problema del fallimento delle banche irlandesi ma soprattutto lindecoroso scaricabarile sulla questione dei clandestini.
Di fronte allemergenza vera, concreta, che richiederebbe per una volta una presa di posizione comune, lEuropa si è rivelata in tutta la sua pochezza politica e decisionale, emettendo in sostanza contro lItalia la vecchia sentenza «arrangiati e spera» di disneyana memoria. Eppure, di fronte ad una questione fondamentale per la stessa coesione dellUnione europea, abbiamo assistito ad unincredibile sequenza di spallucce, con il risultato che mentre lItalia si trova ad avere lobbligo di accoglienza per chiunque, i nostri confinanti hanno diritto di sbarrare le loro frontiere avendo anche il coraggio di dire che stanno semplicemente «applicando i trattati» come ha affermato ieri il portavoce del ministero degli Esteri francese, Bernard Valero. Il risultato è quello che fa comodo a tutti (tranne che a noi), vale a dire sperare di confinare il problema in casa nostra. E in tutto ciò lEuropa, così prolifica nello sfornare programmi interventisti quando si tratta di tutelare i propri denari, si distingue nella lotta allimmigrazione con ciò che sa fare meglio: statistiche e relazioni.
Il programma di monitoraggio e gestione dei confini Europei si chiama Frontex, sforna annualmente dei report pesanti come il piombo dove si dà minuziosamente conto di tutte le problematiche relative alla permeabilità delle frontiere del vecchio continente. Un mare di tabelle, dati, grafici a spicchi, istogrammi, strettamente uniti dalla totale mancanza di soluzioni. Un atteggiamento simile a quello di chi, testimone di unaggressione, invece di tentare di salvare la vittima si limiti a registrare con cura il numero di colpi inferti o la tipologia delle armi usate, lasciando per di più una beffarda mancetta per tacitare la coscienza: 18 milioni per «cofinanziare i rimpatri», cioè il nulla, specialmente se paragonati ai 30 miliardi sborsati al volo per tamponare i falsi in bilancio ellenici.
Se però non è certo una novità la logorroica produzione di inutili statistiche, la cosa che lascia più allibiti è il silenzio tombale davanti allevidente ripristino delle frontiere da parte della Francia. Mentre in Lussemburgo proprio ieri la Corte di Giustizia ha fatto beffardamente sapere di aver «messo sotto la lente» il reato di immigrazione clandestina, apprestandosi quindi a dar ragione allalgerino Hassen el Dridi, condannato dal tribunale di Trento per aver bellamente ignorato lordine di espulsione, un po più a sud anche i sassi si sono accorti che, con buona pace del trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone, a Ventimiglia non si passa più, tantè vero che stanno ritornando «in servizio» i vecchi spalloni francesi, pronti a guidare in cambio di denaro i migranti tunisini per i sentieri di montagna.
A questo punto, se lEuropa continuerà a tacere anche su questo, vorrà dire che le regole del gioco sono cambiate e si fa a chi è più furbo. Nel qual caso il suggerimento è semplice: i migranti sui barconi vengano caritatevolmente raccolti da capaci navi fuori dai confini (così il portavoce di Parigi, Valero, non potrà più dire, come ha fatto ieri, che i «migranti sono entrati in area Schengen dallItalia») e, completando il servizio, vengano gentilmente accompagnati dove vogliono andare, vale a dire in Francia. Abbiamo tante imbarcazioni ferme da sempre nei porti in attesa di demolizione, magari quelle fatte costruire inutilmente dalla Tirrenia.
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