Il commento Come Wimbledon senza erba: un sacrilegio

di Cristiano Gatti

È come se annunciassero che Wimbledon ha steso un manto di tartan sulla mitica erba: possono esserci mille motivi logici, tutti molto buoni e fondati, ma per me resta un'oscenità. Così, ora, questa idea di togliere Milano dal Giro del centenario. La Gazzetta, che organizza, avrà mille motivi logici, più che altro economici, per partire da Venezia e arrivare a Roma: ma da un punto di vista ideale ha steso un manto di asfalto sintentico sulla verde erba di Wimbledon. Cioè, ha firmato un sacrilegio. In generale, è sempre un po' stupido e puerile ostacolare le novità. Le novità sono il sale della vita. Ma in mezzo a questa corrente continua e inarrestabile che porta verso il futuro, è bello e giusto che sopravvivano alcune isole di terraferma, inamovibili, incorruttibili, sempre uguali a se stesse. Ormai non sono più molte. La Formula uno si è velocemente liberata di Imola, la serie A ha sepolto il rito della domenica con il campionato spezzatino. Il Tour e il Giro restano le ultime manifestazioni a livello mondiale capaci di conservare una propria liturgia, una propria tradizione, una propria profana sacralità. Il Tour non si sognerebbe mai, per nessuna ragione al mondo, di abolire l'arrivo dopo tre settimane di vagabondaggi sui Campi Elisi, con l'Arco di Trionfo a fare da solenne sfondo scenico. Il Giro, evidentemente, si smarca. Per la verità, il Giro - come gli italiani - è spesso risultato più ballerino, inaffidabile, voltagabbana. Spesso, nella sua secolare storia, ha concluso la lunga corsa lontano da Milano. Soltanto negli ultimi decenni, finalmente, tutti quanti avevano però realizzato che consolidare il traguardo finale di Milano fosse la cosa più giusta, più bella, più romantica.
Evidentemente, qualcosa è cambiato. Abbiamo asfaltato Wimbledon. C'è però un che di strano: soltanto l'anno scorso gli organizzatori avevano fatto il diavolo a quattro per ottenere da Milano la giusta considerazione e la doverosa collaborazione. Sembrava fosse cominciata finalmente una nuova luna di miele. Un anno dopo, Milano è già depennata.

«Se Milano non vuole il Giro, il Giro se ne andrà da Milano», disse allora il patron Zomegnan. Il dubbio oggi sorge spontaneo: è il Giro che non vuole Milano, o è Milano che non vuole il Giro? Sin da ora, grazie a chi vorrà rispondere.

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