Commuove l’educatore Pasotti che dietro le sbarre ritrova papà

Caldi applausi e qualche ciglio bagnato per il film italiano in concorso costato solo 800mila euro

Michele Anselmi

da Roma

Dopo N (Io e Napoleone) e prima di La sconosciuta, due film a budget espanso, è approdato alla Festa, in concorso, il piccolo L’aria salata: e il bello è che non ha fatto la figura del classico vaso di coccio. Caldi applausi e qualche ciglio bagnato, ieri pomeriggio, alla proiezione per il pubblico di questo esordio costato, pensate, appena 800mila euro. Un miracolo di risparmio. L’ha scritto e diretto il giovane Alessandro Angelini, già aiuto regista di Moretti e Calopresti nonché apprezzato documentarista, partendo da un’esperienza personale svolta come volontario al carcere di Rebibbia. Angelini racconta una vicenda appassionante, molto cinematografica, rovesciando qualche luogo comune e partendo da una semplice domanda che non molti si pongono: come vivono e cosa pensano i familiari dei carcerati, quelli che «scontano la condanna restando fuori?
Nel film, girato in super16 mm e coprodotto da Donatella Botti e Raicinema, c’è un bravo educatore che ha consacrato la propria esistenza al reinserimento dei detenuti nella società. Fabio, incarnato da Giorgio Pasotti, non si fa infinocchiare da chi gli chiede permessi e facilitazioni. Sul lavoro riconosce la buona fede e sa premiarla; nella vita privata un po’ meno, infatti è sempre a un passo dal mollare la fidanzata benestante. L’equilibrio va in pezzi il giorno in cui gli capita davanti, per un colloquio di routine, un galeotto che ha già scontato vent’anni per omicidio: un certo Sparti (Giorgio Colangeli, bravissimo). Fabio impallidisce nel sentire il cognome: quel sessantenne, forse malato di epilessia, certo indurito dagli anni di carcere, è suo padre. Un padre dimenticato, «rimosso», odiato: per la sua assenza, per il suo crimine.
Il colpo di scena arriva dopo una ventina di minuti, e va a segno. Noi sappiamo che Fabio sa, ma esita a dirlo all’uomo, deciso addirittura a rifarsi una famiglia quando uscirà; e intanto, stretto tra la sorella incinta (Michela Cescon) che non vuole riaprire quel doloroso capitolo e la fidanzata (Katy Saunders) sempre più maltratta, l’educatore entra in crisi. Non sa come comportarsi con quel fantasma in carne e ossa che detesta e desidera insieme.
Luci livide e naturali, cinepresa a mano in stile fratelli Dardenne, una chitarra minimalista un po’ Bill Frisell, L’aria salata è un film che estremizza un tema universale senza perdere di vista l’orizzonte degli eventi. Non è esente da difetti, a tratti l’esistenza ulcerata del protagonista sprofonda nello psicodramma urlato, ma avvince per come racconta, nell’arco di una giornata di libertà ottenuta dall’ergastolano, l’incontro-scontro rivelatore: tra rancori, confessioni e timidi gesti di tenerezza. Non ci sarà lieto fine, però, e sta qui la forza del film.
Spiega il regista: «Io e Angelo Carbone abbiamo scritto questa storia assumendo il punto di vista di una famiglia spezzata. Fabio vive col freno a mano tirato, non riesce a proiettarsi verso il futuro. Al contrario, Cristina aspetta un figlio, è presa dal ruolo di madre. Il tema vero è: potranno mai ricongiungersi o no a quel padre dimenticato?». Aggiunge Giorgio Pasotti, ormai definitivamente acquisito al cinema dopo Volevo solo dormirle addosso e Quale amore: «Fabio vive una sorta di implosione. Vuole "godersi" quel padre mai avuto, conoscerlo, capire. Finisce quasi col fargli lui da padre. Certo, Sparti ha commesso un crimine terribile, per il quale sta pagando. Ma capisco le aperture di Fabio. Spesso giudichiamo i nostri genitori, salvo poi accorgerci anni dopo che avevano ragione loro».


Il film uscirà nelle sale il 5 gennaio del 2007, passata la buriana natalizia. C’è poco da ridere, l’avrete capito, ma se vi piace un cinema che indaga nelle cose della vita, con senso dello spettacolo e senza ipocrisie, L’aria salata vale il prezzo il biglietto.

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