Cronaca locale

Como, corteo anti-muro. Ma è un flop

I comaschi non vogliono il muro. Così ieri mattina sono scesi in piazza in 500 per esprimere il loro dissenso per le paratie costruite sul lungolago. Partiti dai giardini Mafalda, i manifestanti hanno voluto protestare contro quello che definiscono il «muro della vergogna», il manufatto anti-esondazione eretto sulla riva del Lungo Lario Trento, ribattezzato «LungoMuro». Il sistema di paratie infatti impedisce la visuale sulla panoramica del primo bacino che ha reso famoso il lago di Como.
Considerata l’attenzione con cui i comaschi hanno seguito le vicende che hanno portato all’apertura di un’inchiesta per verificare se dietro l’innalzamento della paratia ci sia o meno l’ipotesi di abuso edilizio o di reato ambientale, la manifestazione, organizzata da associazioni, ambientalisti e partiti del centro-sinistra, non ha tuttavia avuto la mobilitazione che ci si aspettava.
Probabilmente a tradire l’organizzazione della manifestazione è proprio il vento politico che l’ha formata. In altre parole, i comaschi vogliono abbattere il muro ma non la giunta. Ma oltre ai consiglieri comunali di minoranza, in piazza sono scesi anche i colleghi del Pdl. È chiaro quindi che a ben poco sono serviti gli striscioni e la raccolta di firme che inneggiavano alle dimissioni della giunta comunale, così come le t-shirt arancioni con la scritta «Bruni va’ a casa». Qualcosa insomma non ha funzionato. E non a caso l’oratore, Luca Gaffuri, tra i principali organizzatori della protesta è stato coperto da bordate di fischi. La colpa? Secondo la platea quello di aver scritto il discorso senza averlo provato, così all’ennesima «papera» il pubblico si è inferocito.
La manifestazione, con tutti i suoi risvolti, più o meno felici, ha comunque messo nero su bianco che Como il muro non lo vuole. Il dibattito inoltre continua anche su internet, dove alcuni attivisti hanno aperto blog per sensibilizzare più gente possibile al problema.

Ma a rendere ancora più singolare la mobilitazione della città contro questa bruttura in calcestruzzo, sono stati i «pizzini» comparsi sul lungolago. Tra le fessure della palizzata in legno che isola il cantiere del lungolago sono stati infilati dei bigliettini scritti dai comaschi in cui si chiede l’abbattimento del «muro della vergogna»

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