Indignarsi, all right: adesso però rimettere tutto a posto. Non c’è come chiamarsi Obama per applicare poche regole, ma certe: chi rompe paga e chi sporca candeggia. Ecco dunque gli arrabbiati d’America, il giorno dopo: là dove avevano imbrattato con la vernice, ripassano con detersivi e spazzoloni. Nella terra delle libertà, la protesta è libera. Ma la protesta è protesta, i danni sono danni. Chi confonde, rimedia e ripara. E non c’è molto da discutere.
Mentre gli indignati a stelle e strisce imparano velocemente dove sta il confine tra libertà e reato, lavando la zona di New York che il sindaco Bloomberg minacciava di sgomberare per questioni igieniche, i colleghi italiani continuano tranquillamente a ignorare la materia.
Nella terra di nessuno che sono le nostre città, gli indignati s’indignano sfondando vetrate e verniciando pietre antiche, impuniti e amabilmente giustificati. È il disagio, è il malessere, è questo maledetto incubo chiamato futuro. No global e studentelli, disoccupati e fidanzatini, tutti per le vie del centro a gridare l’indignazione. Ci sta dentro, in dosi variabili, l’intero spettro delle nostre criticità: precarietà ed emarginazione, finanza farabutta e scuola svaccata. Politica e multinazionali. Come una volta, quando era colpa della Cia e del Vaticano, ci si ritrova più o meno allo stesso modo, negli stessi luoghi, con le stesse sbandate. Parte la protesta comprensibile e rispettabile, giusta e sacrosanta, arriva il lancio di vernici e la vetrina sfondata.
Dall’Italia agli Stati Uniti, in questi giorni si vedono le stesse scene. Si fatica quasi a distinguere. C’è una globalizzazione anche nell’indignazione. Non è globalizzato, ancora, il giorno dopo. Obama pretende che ciascuno si prenda le proprie responsabilità e cancelli le proprie vernici, in tantissimi casi procede direttamente con gli arresti, qui da noi non c’è un italiano che venga chiamato a rispondere: non dell’indignazione, non della protesta, solo delle violenze.
Tra le tante cose che si sanno dell’avvocato Agnelli, una delle più risapute è questa frase: «In Italia, per fare una vera politica di destra deve vincere la sinistra». Obama non ha vinto in Italia, ma dimostra ogni giorno di più quanto siano vere quelle parole. Le immagini degli indignati con lo spazzolone, che le televisioni e i giornali di tutto il mondo stanno pubblicando a raffica, sembrano arrivare da un’America reaganiana, ma non scatenano le stesse reazioni. Lo stesso sdegno. Obama fa la cosa giusta. Comunque. Obama può permetterselo.
E gli Obama de noantri? Se ne guardano bene dall’esigere gli spazzoloni. Il movimento è il movimento, come si fa a mettersi contro il movimento? Questi giovani manifestano tutta la loro angoscia, hanno mille ragioni, se rompono qualcosa non è il caso di farla tanto lunga. Da che mondo è mondo, l’indignazione produce fisiologicamente vetrate infrante e muri verniciati. Lo sappiamo da sempre, lo sanno tutti. In Italia funziona così, l’America è tutto un altro discorso.
Nel bellissimo La vita agra, il grande anarchico Luciano Bianciardi fa dire in chiave autoironica ad un suo personaggio, la compagna Anna: «Le spie ci fanno comodo. Se non fosse la spia ad avvertire la Polizia delle nostre manifestazioni, dovremmo avvertirla noi. Perché se ad una dimostrazione non c’è scontro, la gente non si accorge neppure dell’agitazione, lo capisci? Perde di efficacia politica...».
È un libro del 1962, ma cambia poco.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.