A caccia della «trappola» di Napoli. Stavolta su Lavitola, Tarantini e Berlusconi ficcheranno il naso gli ispettori del ministero della Giustizia, ma per capire se i pm di Lepore hanno agito correttamente, senza fumus, senza doppi fini e tripli giochi. Il mandato del ministro Nitto Palma è ampio. Ecco dove gli 007 di via Arenula andranno a scavare.
CONVOCAZIONE E COMPETENZA
Inizieranno dal trasferimento dell’inchiesta a Roma del Gip Primavera che nel rimangiarsi il suo precedente provvedimento sulla competenza a indagare nella procura di Napoli, il 20 settembre spiega che i pm di Lepore non avevano alcun titolo a indagare (ergo ad arrestare, intercettare, perquisire chicchessia). Era infatti chiaro dall’inizio che l’eventuale reato era stato commesso a Roma (il passaggio dei soldi a Lavitola avviene a Palazzo Grazioli, il successivo trasferimento di contanti da Lavitola alla moglie di Tarantini si concretizza negli uffici di via del Corso dell’editore). E in quella fase, i pm criticarono la decisione, aggiungendo che il memoriale presentato da Berlusconi, che aveva contributo al trasferimento di competenza, era «inattendibile e lacunoso». Ancora, dall’ascolto di tutte le telefonate, a posteriori si scopre che la dazione dei 500mila euro è di marzo 2011, due mesi prima dell’apertura del fascicolo su un’estorsione (presunta) ancora lontana dal consumarsi.
PARTE OFFESA E AVVOCATI UMILIATI
In seconda battuta gli 007 scandaglieranno i primi indizi della «trappola» da far risalire agli interrogatori di testimoni e indagati/arrestati tutti precedenti alla verbalizzazione della parte offesa, che in indagini sulle estorsione viene solitamente ascoltata per prima. Parte offesa che, è bene ricordarlo, prim’ancora dell’ordinanza d’arresto a Panorama aveva escluso l’estorsione negando ricatti da parte di Tarantini e/o di Lavitola. Estorsione smentita ripetutamente anche dal presunto estortore, Tarantini, sbattuto in cella ingiustamente vista la successiva decisione del Riesame che annullerà il provvedimento. Perché ascoltare la parte offesa solo dopo aver interrogato il suo entourage, avvocati e indagati? Perché insistere per ascoltare il presidente del Consiglio come testimone, minacciando addirittura l’accompagnamento coatto, sapendo bene che di lì a poche ore all’udienza al tribunale del Riesame i tre pm avrebbero sollecitato un’iscrizione sul registro degli indagati «per induzione a rendere false dichiarazioni ai pubblici ministeri ai danni di Gianpi Tarantini»? Le modalità d’azione dei pm verranno vagliate scrupolosamente.
Come potrebbero essere «attenzionate» le fasi dell’arresto di Tarantini, spedito a Poggioreale nonostante fosse disponibile a collaborare, dopo aver presentato una memoria dettagliata che negava l’estorsione. E ancora. Gli 007 si concentreranno sulla decisione di costringere a parlare, liberandolo dal segreto professionale, un avvocato di Tarantini. Decisione «abnorme» - secondo l’unione della camere penali - perché presa da una parte processuale e non dal giudice del dibattimento.
NICLA ARRESTATA INGIUSTAMENTE
Se l’arresto di Tarantini poteva sembrare un escamotage per farlo parlare, le manette alla moglie sembrano ricalcare quel sospetto. Sono assolutamente ingiustificate perché il codice penale non prevede il carcere per le madri di minori di tre anni, tranne in casi eccezionalmente gravi e motivati, che tali non sono stati ritenuti dal Gip. Che infatti, dopo averla spedita in galera, ha ritenuto di scarcerarla già dopo l’interrogatorio di garanzia, in coincidenza con l’articolo del codice «dimenticato» che il Giornale aveva evidenziato.
INTERCETTAZIONI A OROLOGERIA
Altro punto da chiarire è l’uso che i tre pm avrebbero riservato all’intercettazione del 24 agosto pubblicata il 9 settembre da l’Espresso, in cui Berlusconi disse sì a Lavitola di restarsene all’estero aggiungendo una frase risolutiva per l’inchiesta: «Quando posso aiuto, quando non posso non aiuto e quando aiuto sono contento di poter aiutare». Un aiuto, dunque, nessuna estorsione. L’intercettazione non era depositata, addirittura dalla Procura ne era stata negata l’esistenza ai legali che ne avevano chiesto copia, salvo farla ricomparire misteriosamente, insieme a migliaia di altri atti, di fronte al Riesame, quando il premier aveva già annunciato che non si sarebbe presentato in Procura.
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